di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 4 set. - Il metodo di corruzione messo in atto in Cina dalla casa farmaceutica GlaxoSmithKline non sarebbe nato da un'iniziativa di alcuni top manager del gruppo, ma sarebbe frutto di un sistema organizzato dalla stessa azienda britannica. Sono gli ultimi particolari scaturiti dalle indagini in corso su GSK dallo scorso mese di luglio, e che hanno portato agli arresti di diversi top manager che operavano in Cina. "Mentre le indagini proseguono -scrive l'agenzia di stampa cinese Xinhua, sottintendendo il sistema di corruzione con cui il gruppo corrompeva medici e strutture ospedaliere per convincerli a prescrivere i propri farmaci- diventa chiaro che è organizzato da GSK China più che il frutto del comportamento di singoli individui".
Per GSK l'accusa è quella di avere fatto transitare circa tre miliardi di yuan (360 milioni di euro) presso settecento agenzie di viaggio che avrebbero avuto l'incarico di corrompere il personale sanitario. Ogni gruppo attivo nella corruzione aveva a disposizione un budget di dieci milioni di yuan (1,24 milioni di euro) di "fondi da destinare alle pubbliche relazioni" e che servivano, secondo gli inquirenti, a mantenere i rapporti con i dirigenti delle maggiori strutture ospedaliere cinesi. Secondo la testimonianza di un dirigente di alto livello del gruppo, Huang Hong, GSK in Cina è cresciuta a un ritmo annuale del 25%, circa otto punti percentuali in più che in altre parti del mondo, anche grazie alle pratiche illegali della divisione cinese. Principale motore della crescita sarebbe stata proprio la politica aggressiva dei venditori, che se non fossero riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati sarebbero andati incontro a pesanti detrazioni sullo stipendio. Senza la collaborazione del gruppo stesso, ha spiegato Wang agli inquirenti, GSK China non sarebbe riuscita a raggiungere cifre così alte.
L'indagine su GSK e altri grandi nomi dell'industria farmaceutica occidentale presenti in Cina era cominciata nel luglio scorso, quando la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme -l'agenzia governativa che ha tra i suoi compiti anche quello di vigilanza sui prezzi- aveva lanciato una maxi-inchiesta che ha portato a ispezioni nelle sedi cinesi anche di altri giganti del farmaco come AstraZeneca e la belga UCB. GSK aveva cercato di fendere proprio operato in Cina nei mesi scorsi affermando che la corruzione era contraria ai valori aziendali: la sede centrale del gruppo sarebbe stata all'oscuro, secondo quanto dichiarato in una conference call dal CEO del gruppo Andrew Witty, delle pratiche illegali messe in atto in Cina. Un altro manager della casa divisione cinese della casa farmaceutica, Guo Jianhua, aveva invece dichiarato al Quotidiano del Popolo, il più importante giornale cinese, che la sede centrale era solita chiudere un occhio sui casi di corruzione.
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