di Giulia Giannasi
Roma, 20 giu. – E' la tavola la peggior nemica dei cinesi. Tra cibi contaminati e alimenti proibiti, l'alimentazione scorretta è, infatti, tra le prime cause di morte nella nazione più popolosa al mondo. Lo sostiene la rivista medica Lancet.
Quando, lo scorso gennaio, scoppiava lo scandalo della carne dei fast-food contaminata dagli antibiotici, un utente di Weibo aveva commentato esasperato: "Sono così fortunato! Ho assaggiato carne contenente ractopamina, latte contaminato, polli "gonfiati"... Sono abituato a tutte le cose tossiche! Non vedo l'ora di ingerire altro veleno che metterà fine alla mia tortura!".
Da allora si sono susseguiti i maiali contaminati, il latte in polvere nocivo e il riso al cadmio, e oggi scoppia il nuovo scandalo: miele artificiale e contaminato da alluminio dalla nazione che rappresenta il maggiore produttore dell'alimento, e che ne esporta in grandi quantità. Il South China Morning Post, il quotidiano in lingua inglese di Hong Kong, riferisce che le autorità locali hanno confiscato uno stabilimento per la produzione di miele a Chongqing che sfornava miele artificiale al 100%. Nei più di 500 chili sequestrati e fatti analizzare non c'era alcuna traccia di miele vero, e per ogni chilo di prodotto è stata rilevata la presenza di un residuato di 187 milligrammi di alluminio.
Una volta che il fatto è stato diffuso dalla TV di Stato è subito diventato virale, e gli utenti di Weibo, il sito di microblogging cinese simile a Twitter, si sono scambiati consigli e opinioni: "oggi, essere cinese significa essere un esperto di sicurezza alimentare!", scherza un utente, mentre un altro propone: "dovremmo ricevere il Nobel per la chimica!". In effetti, molti cinesi stanno facendo di necessità virtù e si improvvisano chimici seguendo i consigli, più o meno autorevoli, degli altri netizen: "mettete un po' di miele su un pezzo di carta; se si diffonde, vuol dire che contiene acqua oppure zucchero di canna", oppure "se aggiungete un po' d'acqua bollente e di vino giallo al miele e questo si colora di blu, rosso o viola, vuol dire che contiene amido".
L'ennesimo scandalo alimentare arriva a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di uno studio della rivista medica The Lancet, tra le cinque riviste scientifiche più autorevoli al mondo, che ha lanciato l'allarme: la cattiva alimentazione è, oggi, tra le cause principali di morte per la popolazione cinese.
Analizzando i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nei vent'anni che vanno dal 1990 al 2010, il rapporto, portato avanti da un team di ricerca cinese e finanziato dalla fondazione Bill & Melinda Gates, ha evidenziato come una morte prematura su tre in Cina ha cause riconducibili ad un'alimentazione scorretta. In questi decenni di sviluppo economico e di urbanizzazione la Cina ha fatto enormi progressi nella prevenzione della mortalità infantile e delle malattie infettive, che oggi non rappresentano più la principale causa di decessi; d'altra parte, è aumentato consistentemente il numero di decessi causati da malattie croniche e non trasmissibili. Nel 2010, l'85% degli 8.3 milioni di decessi è stato causato da patologie come infarto, ischemie, cancro e ostruzione cronica delle vie respiratorie. Tutte patologie riconducibili ad uno stile di vita scorretto, con cattiva alimentazione, tabagismo e vita sedentaria, aggravati da problematiche di tipo ambientale come l'inquinamento atmosferico.
E se la leadership di Pechino si sta attivando per promuovere la salvaguardia dell'ambiente con l'introduzione di nuove normative sui crimini contro l'ambiente e varando piani per la riduzione delle emissioni nocive, manca ancora un piano adeguato per la prevenzione e la sensibilizzazione degli individui ad uno stile di vita corretto. Alcune abitudini alimentari dannose affondano le radici nella tradizione culinaria cinese e sono difficili da eradicare, come quella di consumare cibi molto salati – la salsa di soia, tra i condimenti più utilizzati, è anche tra i più ricchi in sodio: ne contiene 6 grammi ogni 100 – che influisce negativamente sulla pressione sanguigna. In seguito allo sviluppo economico, sempre più cinesi si possono permettere di consumare carne ogni giorno, e lo studio evidenzia come il passaggio da una dieta semi-vegetariana ad una ad alto contenuto di proteine animali può essere connesso allo sviluppo di tumori maligni nella popolazione, già a rischio considerato l'altissimo tasso di fumatori, sopratutto uomini, e la scarsa qualità dell'aria nelle metropoli.
Cresce sempre di più, inoltre, il numero di cinesi che consuma abitualmente alimenti da fast-food: proprio nei giorni in cui il rapporto veniva pubblicato, Mc Donald's annunciava un piano di espansione che porterà il numero di rivenditori in Cina dagli attuali 1700 a 2000 entro la fine dell'anno. Lo stesso KFC, multinazionale americana dei fast-food del brand YUM!, di cui fa parte anche Pizza Hut, ha più di 4200 punti vendita in Cina ed è stato protagonista di uno scandalo alimentare questo gennaio, quando un'indagine della Shanghai Food and Drug Administration aveva rilevato tassi preoccupanti di antibiotici nel pollame utilizzato dalla catena; ulteriori indagini avevano rilevato come almeno due dei principali fornitori di pollami della multinazionale avesse utilizzato una miscela di ormoni e 18 diversi tipi di antibiotici per produrre "polli istantanei", capaci di passare da un peso di 30 grammi a 3,5 chili in 40 giorni.
Le abitudini alimentari del popolo cinese sembrano peggiorare anziché migliorare con lo sviluppo economico. Il dottor Yang Gonghuan, co-autore del rapporto e professore al Peking Union Medical College, ha dichiarato al South China Morning Post che "è necessario un controllo aggressivo da parte dello Stato nei confronti dell'industria del tabacco e bisognerebbe compiere grandi sforzi per educare i cinesi ad un'alimentazione più sana". Il fattore chiave nella prevenzione, continua, è l'educazione e sensibilizzazione delle masse: secondo uno studio dell'Istituto di Ipertensione di Shanghai, solo il 30% della popolazione affetta da ipertensione sa di esserlo. Senza un'adeguata diffusione delle informazioni non sarà possibile una prevenzione efficace.
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