di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 3 mag. - Xi Jinping torna sulla copertina dell'Economist a distanza di pochi mesi dalla sua apparizione sulla prima pagina del celebre settimanale britannico nell'ottobre scorso. In quell'occasione mancavano solo alcuni giorni alla sua nomina a segretario generale del Partito Comunista Cinese. Questa volta il presidente cinese, è proprio il caso di dirlo, compare in una "veste insolita": invece che in giacca e cravatta, Xi Jinping veste l'abito tradizionale dell'imperatore, e non un imperatore qualsiasi, ma quella dell'imperatore Qianlong, il quinto sovrano, in ordine dinastico, della dinastia Qing, l'ultima a reggere il Celeste Impero cinese.
XI JINPING COME L'IMPERATORE QIANGLONG
Qianlong, ricorda, l'Economist è l'imperatore che non aveva ricevuto nel 1793, l'inviato di Sua Maestà Lord Macartney, in una delle visite diplomatiche più famose della Storia, e aveva sdegnosamente rifiutato l'offerta di avviare una linea di commercio tra i due Paesi. Il titolo: "Facciamo festa come se fosse il 1793" usato dall'Economist fa riferimento proprio allo smacco diplomatico inglese, quando il Celeste Impero viveva uno dei suoi momenti migliori economicamente: la Cina di allora contava per circa un terzo del Pil mondiale.
IL SOGNO CINESE DI XI
Il paragone tra le due epoche non è affatto casuale. La Cina di Xi Jinping è la seconda economia del pianeta e tallona gli Stati Uniti per rubare loro il primato già nei prossimi anni. Lo sdegno con cui in una lettera l'imperatore Qianlong dichiarava che la Cina "non aveva il benché minimo bisogno dei manufatti del vostro Paese" trova un riverbero nel concetto di "sogno cinese" caro al nuovo presidente della Repubblica Popolare. La rinascita nazionale di cui Xi Jinping si fa alfiere, secondo l'Economist, "ha fatto dei leader del partito gli eredi delle dinastie del diciottesimo secolo, quando gli imperatori della dinastia Qing pretendevano che gli inviati occidentali si producessero nel tradizionale kowtow", ovvero l'inchino di profonda riverenza che implica la genuflessione al cospetto del sovrano fino a toccare per terra con il capo.
L'UOMO CHE DEVE CAMBIARE LA CINA
Sicuramente un bel salto, per Xi Jinping, rispetto alla copertina dell'Economist dell'ottobre scorso. A poche settimane dalla "incoronazione" del nuovo "imperatore rosso", Xi Jinping figurava sulla prima pagina del celebre settimanale seduto su una poltrona poggiata su una strada piena di crepe. Allora Xi era presentato come "l'uomo che deve cambiare la Cina"; oggi, invece, è il sovrano del "ritorno alla grandezza" nazionale. Al di là del carattere mutante del potere, le due copertine mostrano le ambizioni e i problemi della seconda economia del pianeta. Gli scricchiolii sinistri di un contesto sociale agitato, per esempio, si sono sentiti anche in occasione delle celebrazioni per la festa del 1 maggio: mentre il presidente parlava ai funzionari del sindacato unico sull'importanza del lavoro in ottica nazionale, i tassisti di una località dello Zhejiang entravano in sciopero; ma è solo un caso, l'ultimo in ordine di tempo, di un contesto sociale dove la rabbia collettiva sfocia in protesta organizzata e prontamente censurata da internet.
CANCELLARE LE STRAVAGANZE
L'altra faccia della medaglia è quella della lotta alla corruzione per riottenere il consenso popolare, e che proprio nelle ultime ore ha segnato un nuovo traguardo. In un editoriale del Quotidiano del Popolo del 1 maggio scorso, l'organo del Partito Comunista Cinese sottolineava l'importanza di eliminare tutte le "stravaganze nascoste" di cui si macchiano funzionari e alti dirigenti. Insomma, un repulisti che comprende non solo la corruzione visibile delle tangenti e dell'uso improprio di fondi pubblici, ma anche quelle spese sostenute con soldi dello Stato che nelle voci di bilancio figurano come necessarie, e che in realtà non lo sono. il Quotidiano del Popolo cita due esempi: il primo è quello di vere e proprie "saune" costruite all'interno di fattorie per non dare nell'occhio; il secondo è quello delle bottiglie di acqua che vengono servite ai banchetti o in altre occasioni ufficiali e che sono piene, invece, di liquore. Un'autentica campagna moralizzatrice contro i cattivi costumi degli alti funzionari cinesi, quella condotta da Xi Jinping che già nei mesi scorsi aveva prodotto alcune novità: è stato il caso del bando degli alcolici dai ristoranti durante i pasti consumati dagli alti ranghi dell'esercito o dai funzionari di partito, oppure il divieto di mandare in onda nei break pubblicitari gli spot di prodotti della fascia del lusso. Misure di austerità che, a sole poche settimane dall'entrata in vigore, erano costate milioni di yuan in mancati guadagni nella sola Shanghai.
L'ECONOMIA PRIMA DI TUTTO
Il nuovo imperatore, insomma, ha già iniziato a fare sentire la sua voce ed è a conoscenza dei problemi del Paese. Nei giorni scorsi, durante una riunione con gli altri membri del Comitato Permanente del Politburo, Xi Jinping ha discusso dei principali problemi economici del Paese e dei rischi finanziari a cui la Cina va incontro, come il debito delle amministrazioni locali che necessità di un controllo più stretto e di un forte ridimensionamento. L'economia mostra alcuni segnali di cedimento dopo la ripresa cominciata a ottobre scorso, e il Pil cinese - ormai è un dato di fatto accettato dagli stessi dirigenti - non tornerà più "a due cifre" come una volta. Il malcontento sociale è dietro l'angolo, e il consenso creato negli anni della crescita sembra incrinarsi e mettere in discussione l'autorità del partito. Un rischio che il presidente-imperatore non può permettersi di correre.
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