Una vetrina online del made in Italy sui maggiori siti web cinesi per agganciare 200 milioni di potenziali consumatori, che già navigano e comprano online, soprattutto attraverso smartphone e tablet. Questo l'obiettivo degli accordi di filiera che il consorzio del commercio elettronico Netcomm sta perfezionando con una serie di partner cinesi, per favorire l'export online dei prodotti delle piccole e medie aziende italiane.
In un periodo in cui la domanda interna continua a scendere e l'unica vera boccata d'ossigeno viene dall'export extra-Ue, cresce l'interesse verso l'e-commerce per raggiungere mercati che offrono grandi potenzialità, come Cina, Brasile, Russia e India. Se la promozione delle imprese italiane sui mercati asiatici era già nel mirino, per esempio, della WebTv Streamit Japan lanciata dalla W'Japan di Riccardo D'Urso un paio d'anni fa, molto più recente è l'annuncio, da parte delle poste russe, di un accordo con Poste italiane per lo studio di una piattaforma di shopping online, attraverso la quale le aziende italiane potranno vendere i prodotti made in Italy.
In Cina, tra i prodotti più acquistati online e in crescita figurano abiti e scarpe, per i quali il made in Italy è estremamente apprezzato. Di qui il progetto del consorzio Netcomm, che ha già fatto due missioni in Cina, con un centinaio di imprese, e ne sta preparando una terza. «Abbiamo accordi – racconta il presidente, Roberto Liscia – con la piattaforma di e-commerce Chinova e con China UnionPay (Cup), società di processing interbancario con oltre 2 miliardi di carte di credito emesse. Altri accordi sono stati stabiliti con una piattaforma specializzata nel settore della moda, ma soprattutto con Tmall (gruppo Alibaba), piattaforma B2C con circa 20 miliardi di euro di fatturato nel 2012, e con la "sorella" Taobao, che fa 500mila transazioni al giorno. Stiamo inoltre intessendo un accordo molto importante con la società 360buy».
Altri accordi in via di definizione riguardano il webmarketing e tutta la parte dei magazzini locali e della logistica distributiva, per garantire l'elevata velocità ed efficienza di consegna a cui i clienti cinesi sono abituati, insieme a un altissimo livello del customer care. «Aiutiamo anche le imprese – aggiunge Liscia – a individuare il mix di prodotti più adatto e il modo di proporlo, tenendo conto che i siti cinesi descrivono in modo estremamente preciso tutti gli attributi del prodotto». E per le barriere doganali? «Stiamo facendo accordi con le autorità cinesi, ma soprattutto con enti certificatori internazionali, per marchiare il prodotto e garantire la compliance con la legislazione locale, al fine di facilitare lo sdoganamento della merce».
Netcomm punta anche a gestire direttamente un portale del made in Italy che sarà operativo dall'autunno. «Poi ci muoveremo anche su Brasile e Russia. Ma intanto sarebbe importante che il Mise e il nuovo Ice facessero da catalizzatori e comunicatori delle opportunità offerte alle Pmi».
Le aziende che hanno partecipato alla missione in Cina sono molto prudenti: «Abbiamo aperto un mese fa due punti vendita nell'hub di Hongqiao a Shanghai – spiega Lara Vallasciani, responsabile business development di Calzaturificio Elisabet (brand Andrea Morelli e Walk Safari) – e puntiamo a far conoscere i nostri marchi attraverso i punti vendita fisici; solo più avanti potremo considerare una presenza nell'e-commerce cinese». Lucio Carli, consigliere di amministrazione di Fratelli Carli Spa, sta valutando le possibilità di approdo in Cina non tanto per l'olio d'oliva, quanto per la linea di cosmetici Mediterranea: «Pur essendo online dal 1996, siamo molto prudenti; vogliamo prima capire bene quel mercato per poi costruire l'offerta di prodotto giusta». Presente in Cina da un anno è Tvs, azienda che fa pentole di design: «Avendo già un partner cinese che propone in 300 punti vendita i nostri prodotti, stiamo studiando un progetto di e-commerce da sviluppare insieme», dice il country manager Gianluca Catanese.
«L'e-commerce è una via rapida e a basso costo, rispetto alla realizzazione di un punto vendita fisico in loco, che però io consiglio alle aziende che possono permetterselo», osserva Lodovico Marenco, consulente per l'e-commerce. «Il retail offline va bene solo per i brand forti - commenta infine Giorgio Bertolini, partner della società di consulenza Innext –, mentre i bassi costi d'ingresso dell'e-commerce possono consentire anche alle Pmi un primo approccio alla Cina».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tra negozi fisici e store virtuali
200 mln
I consumatori cinesi online
Il bacino di potenziali clienti su 538 milioni di internauti in Cina
57 mld $
L'e-commerce in Cina nel 2013
Il valore stimato del B2C online, dopo i 41 miliardi del 2012
40%
Il peso del B2C in Cina nel 2014
Il B2C arriverà a 71 miliardi di dollari su un totale (B2C e B2B) di 176
25/02/2013