di Giovanna Di Vincenzo
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Milano, 10 dic.- "Per uno scrittore il miglior modo di esprimersi è la scrittura, troverete tutto quello che ho da dire nelle mie opere", così Mo Yan proclama se stesso e la sua arte durante l'intervento presso l'Accademia Svedese lo scorso sabato. Le sue parole risuonano come una replica alle recenti polemiche sollevate da quelli che ritengono che lo scrittore sia troppo allineato con il partito e restio a pronunciarsi a favore del rilascio di Liu Xiaobo, Nobel per la pace 2010, condannato a 11 anni di carcere per aver promosso e firmato Charta08, un manifesto che contiene proposte per riformare lo stato cinese in senso multipartititico e democratico.
"L'annuncio del mio Nobel ha generato delle controversie. Io sono uno scrittore- ha aggiunto-, il raccontare storie mi ha permesso di vincere il Nobel". Mo Yan, giunto la scorsa settimana in Svezia per partecipare alla cerimonia di consegna del premio, vuole spostare l'attenzione sulla letteratura, astenendosi da azioni o discorsi che abbiano una qualsiasi valenza o implicazione politica.
Nel suo discorso all'Accademia, lo scrittore ha sottolineato come il mezzo letterario debba prescindere dalla politica: "La mia più grande sfida- ha affermato- è stata scrivere romanzi basati sulle realtà sociali, come 'La ballata dell'aglio paradisiaco', non perché ho paura di rivelare in maniera critica le zone d'ombra della società, ma perché la rabbia e le emozioni accese permettono alla politica di sopprimere la letteratura e trasformare il romanzo in una semplice narrazione di fatti. Come membro della società, uno scrittore deve mantenere una posizione umanistica e scrivere in base ad essa. Solo così la letteratura può trascendere gli eventi ed essere più grande della politica".
Lo stesso Peter Englund, segretario permanente dell'Accademia, ad ottobre aveva espresso come "la decisione di assegnare il premio si basa sul merito letterario e non prende in considerazione le ricadute politiche".
Ma c'è chi vede nel timido atteggiamento di Mo Yan, un tentativo di tenersi al riparo dalle critiche del governo. La pensa così il poeta dissidente Ye Du, che ha dichiarato al South China Morning Post: "Gli intellettuali cinesi speravano che durante il suo intervento, Mo chiedesse al governo cinese di rilasciare Liu Xiaobo, invece ha espresso il suo consenso al sistema della censura di stato".
Mo durante la conferenza stampa di venerdì ha dichiarato di essere favorevole alla censura, da lui intesa come uno strumento di tutela contro le dicerie e le diffamazioni, e ha tagliato corto sulla questione Liu Xiaobo e sull'appello già siglato da 134 premi Nobel per chiedere la liberazione dell'attivista. "Sono sempre stato indipendente, mi piace rimanerlo. Quando qualcuno cerca di forzarmi a fare qualcosa, io non la faccio" ha dichiarato lo scrittore alla platea di giornalisti.
Al di là delle polemiche, tra qualche ora si svolgerà a Stoccolma la cerimonia ufficiale della consegna, durante la quale Mo Yan verrà insignito del premio Nobel per la Letteratura.
Mo Yan è lo pseudonimo di Guan Moye, nato nel 1955 a Gaomi, nella provincia dello Shandong, da una famiglia di contadini. La vita rurale e i disordini sociali, come la Rivoluzione Culturale hanno fornito il sostrato per la sua elaborazione artistica. In trent'anni di attività letteraria, ha scritto 11 romanzi, tra cui "Sorgo Rosso", racconto efferato dell'invasione giapponese degli anni '30, e circa 80 racconti brevi. È il primo scrittore cinese a ricevere il Nobel della letteratura, conferitogli per la capacità di fondere "con realismo allucinatorio, storia, folklore e vita contemporanea nelle sue opere", come si legge nelle motivazioni dell'accademia svedese. Mo Yan ha recentemente dichiarato come l'attuale momento storico della Cina gli abbia permesso di diventare quello che è: "Devo ammettere che se non fosse stato per i trent'anni di eccezionale sviluppo e progresso della società cinese, successivi alle riforme e all'apertura del Paese verso l'esterno, oggi non sarei uno scrittore".
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