di Adolfo Tamburello*
Napoli, 16 ott. - Quello della carta moneta era, se non l'ultimo, uno degli ultimi monopoli istituiti dalla Cina antica. I primi risalivano già all'epoca dei cosiddetti Regni Combattenti (secoli V-III a.C) e a esordire sembra fossero quelli sul sale e sul ferro. Verso la fine del II secolo a.C., precisamente nel 113, l'imperatore Han Wuti impose una coniazione di monete di rame, fissandone un titolo pari al valore del metallo per irriderne le falsificazioni. Roma imponeva un primo monopolio sulla coniazione delle monete nel secolo I d.C., per estenderlo nel secolo IV al sale, ai prodotti minerari, al cinabro ecc., dopo che i regni ellenistici avevano ben collaudato politiche monopolistiche sul sale, le miniere, l'olio, il papiro, il pescato, le banche. Una normativa simile a quella vigente in Cina era presa a Roma per la seta. Nel Medioevo i monopoli statali ebbero la tendenza, anche questo come avveniva in Cina, di trasformarsi in concessioni ed appalti, così come pure assumevano forme monopolîstiche le corporazioni sia mercantili sia d'arti e mestieri.
Un momento di incontro fra politiche monopolistiche europee e cinesi si sarebbe avuto in Sicilia con lo stato normanno di Ruggero II, il quale istituiva un monopolîo del sale apparentemente improntato a quello in vigore in Cina dal 762. Alla corte normanna il geografo arabo al-Idrisi
compendiava nel suo monumentale Opus geographicum, il cosiddetto 'Libro di Ruggero', quanto la cultura araba era venuta a conoscenza del mondo cinese. Già Maometto aveva esortato di cercare la scienza fino in Cina. I suoi fedeli non se lo erano fatto ripetere. Scuole e fiere di libri ravvivavano la vita culturale che si irradiava dall'Oriente all'Europa. Già nei primi decenni del sec. IX era sorta a Baghdad la "Casa della Scienza" che segnava il primo apogeo delle scienze islamiche. Da oltre un secolo gli arabi, venuti in possesso di testi antichi, scritti in greco, siriaco, persiano o sanscrito, li avevano tradotti nella propria lingua. V'erano persino testi cinesi.
L'arabo non era allora l''arabo' che è oggi per molti di noi: un gran numero di dotti europei, soprattutto ebrei, lo studiavano e lo mettevano a frutto. In Europa, la Sicilia e la penisola iberica diventavano due grandi aree di cultura e irradiazione delle scienze islamiche. Col «Libro di Ruggero», almeno come noi lo conosciamo, non è che la Sicilia potesse effettivamente apprendere molto sulla Cina.
Prescindendo comunque da quel testo, si vuole che con le conoscenze del pensiero istituzionale cinese acquisite attraverso Arabi o Persiani, alla sua corte Ruggero II impostasse, pur nell'assetto ancora feudale del suo regno, una burocrazia centralizzata e specializzata reclutata con criteri meritocratici non dissimili da quelli che la Cina seguiva da secoli per aprire le carriere civili e militari ai propri burocrati, con esami e non.
Le riforme del re normanno avevano un seguito in Inghilterra con Enrico II (r. 1154-1189), anche lui normanno, nel programma di burocratizzazione del proprio Stato; si avvaleva, fra i più fattivi collaboratori, di Thomas Brown, il quale era stato al servizio proprio di Ruggero II. A sua volta Federico II (1194-1250) procedeva sulle stesse linee di burocratizzazione e centralizzazione, firmando con gli Statuti di Melfi del 1231 quello che Ernest Kantorowicz ha definito il "certificato di nascita della burocra¬zia moderna".
Pure Federico II istituiva un ufficio governativo "del sale e del ferro" che perfino nel nome ricalcava il corrispondente monopolîo cinese. Robert M. Hartwell ha concluso che l'introduzione dei metodi cinesi di amministrazione fiscale presso i Normanni esercitassero un'influenza importante sulla struttura economica degli stati europei nel tardo Medioevo, come ricordava il famoso sinologo americano Herrllee Hessner Creel.
*Adolfo Tamburello già professore ordinario di Storia e Civiltà dell'Estremo Oriente all'Università degli Studi di Napoli 'L'Orientale'.
Nell'immagine il mappamondo del geografo arabo al-Idrisi nella riproduzione per il re Ruggero di Sicilia.
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