Bruxelles, 20 set. - Il primo ministro cinese Wen Jiabao ha chiesto all'Unione europea di fare uno sforzo maggiore per porre fine al piu' che ventennale embargo sulle armi, che risale all'epoca della strage di studenti a Tian'anmen, e per il riconoscimento della Cina come economia di mercato.
"Stiamo lavorando duramente da 10 anni - ha detto Wen nel suo discorso introduttivo al vertice con l'Ue a Bruxelles - ma la soluzione e' elusiva: provo un profondo rammarico per questo". "Dobbiamo sfidare insieme le sfide mondiali per garantire un futuro migliore ai nostri popoli e al mondo - ha detto il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, che ha ricordato la "crescente interdipendenza" fra Cina e Europa.
BARROSO A VIGILIA VERTICE, "COOPERAZIONE INDISPENSABILE"
Bruxelles, 19 set. - In attesa del quindicesimo vertice Ue/Cina di domani, il presidente della Commissione Jose' Manuel Barroso parla di "cooperazione indispensabile, come si vede dall'aumento dei temi globali della nostra agenda comune, da quelli economici e del commercio al cambiamento climatico e allo sviluppo sostenibile". Al premier Wen Jiabao, in arrivo a Bruxelles per l'ultima volta prima di lasciare la carica di primo ministro, Barroso riconosce "un ruolo importante nel consolidamento delle relazione fra Cina e Unione europea".
A Bruxelles si minimizza il peso sulle relazioni con la Cina della recente indagine aperta dall'antitrust Ue sulle esportazioni di pannelli solari cinesi in Europa: "rappresentano solo una piccola parte dell'interscambio", riferiscono fonti comunitarie. Ma sul tavolo dei leader (oltre a Wen e Barroso, anche il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy) ci saranno anche temi politici, e in particolare la crescente tensione fra Cina e Giappone sulle isole contese Diaoyu (o Senkaku, in giapponese): secondo quanto si apprende a Bruxelles, c'e' preoccupazione per queste tensioni, e anche se l'Unione "non prende una posizione su questioni territoriali", fara' pressioni perche' si trovi una soluzione di tipo diplomatico, proprio per evitare l'escalation delle tensioni.
Meno pericolosa, ma accesa, la protesta dei giornalisti europei che non avranno la possibilita' di porre domande ai leader al termine del vertice di domani: "non e' stato possibile trovare un accordo per una conferenza stampa a condizioni accettabili", ha spiegato la portavoce della Commissione Pia Ahrenkilde Hansen.
WEN VOLA A BRUXELLES,
L'AGENDA DEL CHINA-EU SUMMIT
di Sonia Montrella
Roma, 19 sett.- Tutto è pronto (o quasi) a Bruxelles per il 15esimo China-EU Summit, l'ultimo cui prenderà parte il premier cinese Wen Jiabao, che tra qualche settimana lascerà il posto al suo successore dopo 10 anni di mandato. Nella capitale belga il leader di Pechino incontrerà domani il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, il presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso e il capo della Politica estera dell'Ue Catherine Ashton.
L'AGENDA
In agenda questioni di tipo economico e politico quali il rafforzamento della partnership strategica Cina-Ue, la situazione economica nei due potenze, il G20, i cambiamenti climatici; e temi di interesse internazionale: sviluppi della crisi siriana, Medio Oriente, Africa e Corea del Nord. A margine del Summit - si legge sul comunicato stampa diffuso dalla Comunità europea – le due parti sigleranno una serie di accordi tra cui quello sul programma di sostenibilità ambientale e urbanistica, per cui Bruxelles impegnerà 25 milioni di euro, e un comunicato congiunto per il rafforzamento del dialogo e della cooperazione tecnologica spaziale tra le due parti e l'Agenzia spaziale europea (ESA).
Tuttavia, riferiscono fonti anonime del Parlamento, quello di domani non sarà il Summit delle grandi decisioni, quanto piuttosto quello del consolidamento. "L'incontro rifletterà l'apprezzamento dell'Europa riguardo il ruolo di Wen nella costruzione delle relazioni bilaterali e getterà le basi per il mantenimento dei buoni rapporti con la nuova generazione di leader" dichiara all'agenzia France Presse una delle fonti.
SOLARE, L'ULTIMA FRIZIONE CINA-UE
A offuscare i cieli sopra Bruxelles, la recente decisione dell'Unione Europea di aprire un'indagine sull'importazione di pannelli solari dalla Cina, dopo le critiche sollevate lo scorso luglio da un gruppo di 20 produttori europei secondo cui i pannelli cinesi sarebbero venduti sottocosto creando concorrenza sleale. Una mossa, quella del Vecchio Continente, che non è piaciuta a Pechino che qualche settimana fa si era detta "profondamente rammaricata per l'indagine". Poi, alludendo ai dazi fortemente voluti dai produttori, il governo aveva aggiunto che "eventuali restrizioni commerciali potrebbero danneggiare i rapporti". Ma da Bruxelles si dichiarano tranquilli: "Frizioni di questo tipo toccano in minima parte l'amicizia tra Cina e Ue" ha commentato ancora la fonte anonima.
I CONTRACCOLPI SULL'ECONOMIA DEL DRAGONE
Un rapporto, quello tra le due potenze, di forte interdipendenza economica, con l'Europa che rappresenta la prima destinazione dell'esportazioni cinesi e la Cina che si piazza al secondo posto dopo gli Usa nella classifica dei partner commerciali di Bruxelles. E se l'Europa frena, la Cina rallenta, e colleziona i peggiori risultati in termini economici degli ultimi anni. Solo nel mese di agosto l'economia del Dragone ha segnato un altro calo con le esportazioni cresciute solo del 2,7% su base annua - contro le previsioni che le davano al 3% - e le importazioni che hanno registrato segno negativo: -2,6% rispetto allo scorso anno. A incidere sui risultati, la contrazione della domanda dal Vecchio Continente. Nel secondo trimestre del 2012 la crescita si è attestata al 7,6%, il tetto più basso registrato negli ultimi tre anni, ma prefissato dai leader di Pechino. Poi, nei giorni scorsi, i mercati sono stati investiti da una ventata di ottimismo dopo l'annuncio della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme – il principale organo di pianificazione economica del governo cinese – di un programma di investimenti da mille miliardi di yuan (circa 125 miliardi di euro) che saranno impiegati nella realizzazione di linee ferroviarie urbane, autostrade, grandi impianti per il trattamento delle acque reflue, e corsi d'acqua navigabili.
Tuttavia, quello che Hu e Wen consegneranno ai prossimi leader al potere sarà un Paese difficile da gestire: sul fronte interno l'economia cinese si è surriscaldata, ha registrato una vampata inflattiva e adesso deve anche confrontarsi con tutti i rischi connessi alla maturazione di una bolla speculativa nel settore immobiliare, tra i primi beneficiari del pacchetto stimoli di 4mila miliardi di yuan deciso dallo Stato nel 2008 per fronteggiare la crisi economica. Sul fronte esterno incombe la crisi statunitense ed europea che desta a Pechino non poca preoccupazione. D'altronde il premier aveva già espresso i suoi timori diverse volte, l'ultima lo scorso mese in occasione della visita del Cancelliere tedesco Angela Merkel. Incontro durante il quale Wen Jiabao aveva detto che "nonostante l'aggravarsi della crisi e il timore riguardo le ripercussioni a livello globale, Pechino continuerà a comprare bond europei e a investire in Europa", a condizione però che la Grecia non lasci la moneta unica e che Spagna e Italia proseguano nell'opera di approvazione delle riforme strutturali. Dal canto loro gli europei non hanno mai nascosto la speranza che il Dragone impieghi parte delle sue immense riserve in valuta estera (valutate oltre 3mila miliardi di dollari) in investimenti nei fondi salva-stato dell'Ue.
BERLINO, L'INTERLOCUTORE PRIVILEGIATO
E' la Germania l'interlocutore privilegiato della Cina e "l'ambasciatore dell'Eurozona" a Pechino. E le tappe nel Paese di Mezzo del Cancelliere Angela Merkel, alla sua sesta visita in Cina, la seconda solo quest'anno, non fanno che avallare la tesi. Questione di numeri, di commercio e di intese strategiche. "Al momento la Cina ha bisogno di tecnologie e la Germania di mercato" sottolineano Hans Kundnani and Jonas Parello-Plesner nel dossier pubblicato da EFSR "China and Germany: why the emerging special relationship matters for Europe". Bisogni che sembrano più che soddisfatti: tra il 2005 e il 2011 le esportazioni tedesche verso la Cina sono salite del 206% rispetto al +26% di altri Stati Ue e al +6,3% degli Usa.
Non solo, la Germania conosce bene i confini da non oltrepassare. "La Merkel – si legge sempre nel rapporto – visita la Cina una volta all'anno e si limita perlopiù a parlare di commercio ed economia, mantenendo bassi i toni sui diritti umani". "Funzionari cinesi e analisti sono concordi sul fatto che il Cancelliere ha capito, è diventata cauta e conosce le linee rosse tanto che per Pechino tali questioni sono state sollevate in minima parte e solo per soddisfare i giornalisti". Ma soprattutto, affermano Kundnani e Parello, i cinesi vedono la Germania come il Paese che li aiuterà ad entrare nella fase successiva dello sviluppo economico. E la crisi sembra aver cementato i rapporti economici sino-tedeschi. "Per la Cina è meglio cooperare con la Germania che tirar fuori denaro per Paesi alle prese con i reali problemi dell'economia".
UN SUMMIT SENZA CONFERENZA STAMPA
Intanto a Bruxelles alla vigilia del Summit nascono le prime polemiche:"Non e' stato possibile raggiungere un accordo con i partner cinesi per organizzare una conferenza stampa in condizioni accettabili": per questo, le istituzioni Ue hanno rinunciato alla tradizionale conferenza stampa al termine del vertice Ue-Cina che si terrà domani a Bruxelles, sollevando polemiche e proteste. In pratica, e autorità cinesi avrebbero voluto dividere i giornalisti in due gruppi: quelli accreditati presso l'Unione europea e selezionati da Bruxelles e tutti gli altri, che sarebbero stati accomunati ai cinesi e sottoposti a una selezione da parte di Pechino. L'Api, associazione della stampa internazionale, ha scritto una lettera di protesta a Consiglio e Commissione.
Già in precedenti occasioni si erano verificate incomprensioni e polemiche con paesi terzi, meno trasparenti in termini di rapporti con la stampa rispetto alle istituzioni di Bruxelles, in particolare la stessa Cina e la Russia. Le autorita' cinesi avrebbero voluto dividere i giornalisti in due gruppi: quelli accreditati presso l'Unione europea e selezionati da Bruxelles e tutti gli altri, che sarebbero stati accomunati ai cinesi e sottoposti a una selezione da parte di Pechino. L'Api, associazione della stampa internazionale, ha scritto una lettera di protesta a Consiglio e Commissione.
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