Quando si dice che le piccole e medie imprese italiane sono la «spina dorsale del Paese» è di casi come Santoni che si parla. Fondata nel 1975, l'azienda è partita dalla tradizione calzaturiera locale ed è diventata un marchio globale. Ha saputo evolversi persino dal punto di vista della sostenibilità ambientale, facendo investimenti, in proporzione, degni di un colosso del lusso. «Vogliamo continuare a prendere il meglio di due mondi, quello del fatto a mano in Italia e quello della globalizzazione. Per crescere, e pensiamo di avere l'ambizione e le energie per farlo, dobbiamo guardare all'estero, ma non trascureremo mai il mercato italiano, che è comunque una vetrina importante per il crescente turismo dai Paesi emergenti».
Giuseppe Santoni, figlio del fondatore dell'azienda e oggi amministratore delegato, è a Milano per presentare la collezione uomo per la primavera-estate 2013, un'occasione per fare il punto sugli obiettivi a breve e medio termine dell'azienda.
«Siamo molto soddisfatti dello showroom di via Monte Napoleone, che ci ha dato molta visibilità con tutti i buyer stranieri, specie durante manifestazioni come Milano moda uomo o Milano moda donna, ed è grande a sufficienza per fare vedere tutti i nostri prodotti, che negli anni si sono moltiplicati. Alle collezioni uomo più formali si è aggiunta la linea Club, più sportiva, e tutta la parte donna ed è importante avere lo spazio per mostrare l'intero mondo Santoni. Anche il negozio del quadrilatero va molto bene e non vendiamo solo a turisti russi, asiatici e mediorientali, continuiamo ad avere uno zoccolo duro di clienti italiani. Forse perché, quando si prova una scarpa Santoni, poi è difficile tornare indietro».
Giuseppe Santoni riparte sempre da lì, dal prodotto, dall'artigianalità che seduce e che è la carta vincente per conquistare il grande mercato cinese: «Sono stato in Cina per la prima volta nel 1990, si poteva già intuire che lo sviluppo industriale avrebbe portato a una crescita incredibile, come poi è successo, e a un aumento del benessere. Dal 2000 in poi è stato tutto accelerato e abbiamo assistito a una sorta di ubriacatura da grandi brand. Seguita da un'evoluzione altrettanto veloce del gusto. Ora i cinesi sono pronti per un prodotto come il nostro, lo capiscono, lo vogliono studiare e lo apprezzano. Un anno fa abbiamo aperto a Pechino e ora siamo già a quota sei negozi, l'ultima apertura è stata a Shanghai, il 17 giugno. Nella capitale avremo presto una seconda vetrina e poi, sempre con dei partner locali, indispensabili, cercheremo di coprire le altri grandi città del Paese».
Nel 2011 Santoni ha raggiunto i 52 milioni di ricavi: l'Italia assorbe solo il 25% del fatturato, perché l'azienda esporta già da molti anni negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone. «Per il 2012, nonostante questo difficile momento economico, prevediamo di crescere a doppia cifra, con un forte impulso delle collezioni donna. Anche grazie alla Cina: tutti i nostri negozi nel Paese sono grandi, intorno ai 120 metri quadri l'uno, ed è una scelta legata anche al desiderio di dare molto spazio alle collezioni femminili. Anche perché in settembre presenteremo, qui a Milano, la prima vera linea di borse da donna, l'ennesima sfida che abbiamo deciso di cogliere».
È chiaro che l'idea di portare il nome dell'azienda di famiglia nel mondo rende felice Giuseppe Santoni, ma ciò che più lo inorgoglisce, è altrettanto chiaro, è l'attività produttiva a Corridonia: «Le manovie da noi sono ridotte al minimo necessario, sono i passaggi a mano che ci interessano. E le lucidature, che per i pellami più preziosi sono affidate a ragazze che si sono formate negli istituti d'arte. Persino nelle sneaker ci sono cuciture a mano, dettagli artigianali che rendono ogni scarpa un prodotto unico. È questa cultura del prodotto che farà sempre la differenza».
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Negozi monomarca in Cina
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Stima ricavi 2012
La nicchia dell'alto di gamma in cui opera Santoni non conosce crisi
02/07/2012