di Simone Pieranni e Antonio Talia per Linkiesta
in collaborazione con Giovanna Di Vincenzo
Pechino, 16 feb. - La spy story di Wang Lijun, il superopoliziotto infuga, tiene sveglia la Cina e fa tremare tutto l'establishment del Paese. Possibile? Un thriller reale che diventa una fiction, e che mette insiemepolitica, mafia e corruzione, sullo sfondo della diplomazia di alto calibro congli Stati Uniti. Da un lato c'è Bo Xilai, nuova star della politica nazionale eleader della campagna antimafia contro le triadi di Chongqing, megalopoli da 30milioni di persone. Dall'altro la resistenza dei pesci grossi caduti nellarete, che si vendicano. E a decidere le sorti del poliziotto sarà la visita aWashington di Xi Jingping, il segretario di Stato cinese.
Nella notte tra martedì 7 e mercoledì 8 febbraio il web cinese vienescosso da un continuo tam-tam di voci e ipotesi. Moltissimi utentipubblicano le immagini di un imponente schieramento di forze dell'ordinedavanti al consolato americano di Chengdu, nella Cina centrale. La ragione? Ilsuperpoliziotto Wang Lijun sarebbe sul punto di chiedere asilo politico econsegnarsi agli Stati Uniti. Nel giro di poche ore le autorità cinesipubblicano un comunicato del tutto irrituale per rendere noto che Wang si èpreso una «vacanza terapeutica» per guarire da «stress e problemi fisici».
Ma il web si scatena: dopo la fama raggiunta in tutta la Cina per lacampagna contro le triadi di Chongqing – una megalopoli da 30 milioni dipersone – Wang sarebbe sotto inchiesta per corruzione, oppure vittima di unaviolenta purga politica insieme al suo ex capo Bo Xilai, in vista del cambio digoverno dell'ottobre prossimo. Il funzionario avrebbe scelto allora diconsegnarsi agli americani, magari rivelando agli Usa tutte le informazioniriservate in possesso di un uomo degli apparati di sicurezza del suo calibro.
Ore dopo, da Washington, la portavoce del Dipartimento di Stato VictoriaNuland conferma che Wang Lijun «aveva richiesto un incontro al consolatoamericano di Chengdu all'inizio della settimana». E «Wang ha lasciato ilconsolato di sua spontanea volontà», dice Nuland, rifiutando però di commentarele voci sulla richiesta di asilo politico. Le autorità cinesi mantengono bassii toni, in vista della visita del presidente cinese Xi Jinping a Washingtonnella prossima settimana: con uno stringato comunicato confermano infine lapresenza di Wang Lijun al consolato Usa, dove si è trattenuto per un giorno, eannunciano indagini.
Che cosa ha fatto Wang Lijun nelle ventiquattrore trascorse coifunzionari americani? È davvero uscito dal consolato di sua spontaneavolontà oppure è stato riconsegnato ai cinesi? E soprattutto, colpire luisignifica colpire Bo Xilai, astro nascente della politica cinese. Perché? Ilprossimo ottobre, la Cina procederà nelle operazioni di ricambio della proprialeadership politica e la battaglia per le posizioni che contano sembra esseredefinitivamente iniziata, con una campagna a base di scandali e vendette.
BO XILAI IL ROSSO DAL SANGUE BLU
Bo Xilai non è un principino qualunque. È figlio di Bo Xibo, uno degli"Otto immortali", gli eroi della rivoluzione comunista, prima di tutto. Insecondo luogo, pare non abbia mai amato la compagnia dei suoi pari livello.Assente alle riunioni di famiglia, ha anche incriminato senza troppi patemi unavvocato, figlio anch'esso di un padre della rivoluzione. Un gesto che denotala sua sicurezza, che di certo non ha mancato di animare le riunioni deiprincipini. Voci filtrate da una riunione informale hanno fatto chiaramenteintendere che i "principi rossi" sostengono il vicepresidente Xi Jinping, piùche il rosso Bo Xilai e le sue manie di grandezza. Che rimangono, da sempre,attorcigliate intorno all'ego prominente dell'uomo che aspira alla CommissionePermanente e a un ruolo importante nel mastodontico apparato della sicurezzacinese.
Spesso sorridente, amabile con i media, Bo Xilai ha cominciato il suoregno nella megalopoli di Chongqing (30 milioni di abitanti) nel 2007.Primo dato: il suo predecessore è Wang Yang, attuale capo del partito delGuangdong, alla ribalta delle cronache locali come l'artefice del "modello Wukan".Wang Yang, considerato un liberale, ha infatti gestito in modo perfetto laviolenta protesta sorta a Wukan, piccolo villaggio di pescatori nella regionedel Guangdong (che da sola fornisce un quarto delle esportazioni cinesi)arrivando ad una mediazione con la popolazione, evitando conflitti aperti egestendo il tutto in modo molto carismatico e "democratico".
Bo Xilai è diventato celebre per due motivi: perché ha dissotterratodalla memoria cinese la nostalgia maoista sotto forma di canzoni e messaggi dipropaganda spediti via sms, insieme alla rieducazione dei giovani nellecampagne (tanto da guadagnarsi l'appellativo di "nuovo Mao") e per la suafuriosa lotta, spesso condotta oltre i limiti del lecito, contro la mafia.
Quando Bo Xilai si presenta sul palcoscenico politico che conta, fapartire una campagna contro la malavita locale, specificando di volererisolvere molti problemi causati dalla precedente gestione, accusataimplicitamente di essere stata troppo leggera con la mafia. Un primo segnale,un primo nemico, Wang Yang, che ritroveremo più avanti.
Bo Xilai è un fiume in piena: come riportato da China Files nel 2009, nellasua inchiesta finiscono tanti pesci piccoli, centinaia, e un pezzo grosso.Si tratta di una campagna che era diventata la vicenda più seguita dai cinesi.Una storia che strizza l'occhio alle ben note gangster story, roba da IlPadrino o Quei bravi ragazzi. Wen Qiang ad esempio, l'ex capo della polizia, èil pesce grosso: aveva la predilezione per i prodotti di Louis Vuitton e per isoldi. Tanti soldi: gli investigatori hanno trovato 3 milioni di dollari circaseppelliti sotto uno stagno.
Tanto ingegnoso lui, quanto lussuriosa la sorella, Xie Caiping, laMadrina, la Regina delle Gang, vero personaggio mediatico del pasticciaccio diChongqing: gestiva trenta casinò illegali, uno di fronte al tribunale, eaveva a disposizione sedici giovani uomini per i suoi appetiti sessuali.Entrambi, insieme ad altri tra funzionari, teppisti, mafiosi, piccoli boss,politici, imprenditori, sono finiti nella rete di un processo dalle proporzioni"cinesi": oltre 9 mila le persone indagate, 50 funzionari pubblicicoinvolti, crimini che vanno dal gioco d'azzardo, all'impresa illegale,riciclaggio, narcotraffico, rapine, violenze, estrazioni minerarie illegali,scioperi coatti, minacce, omicidi (perfino di un uomo reo di essere stonato, inuna serata al karaoke). Attività che – come emerso dai processi – hannoevidenziato un'impunità derivante da contatti molto "in alto". Erano loro ipadroni della città.
Secondo dato, secondo nemico: Bo Xilai non ha rispetto per nessuno, imetodi impiegati dalla polizia sono condannati dagli avvocati degli imputati.Tra loro c'è Li Zhuang, che finisce sotto indagine con l'accusa di avere spintoil suo cliente, un boss mafioso, a fornire falsa testimonianza. Come riportaAgichina24, all'epoca, «Li Zhuang lavora in un importantissimo studio legale,di proprietà di un altro taizi, un principino, Fu Yang, figlio di un altrodegli 8 immortali, Pang Zhen». Il secondo nemico noto, per Bo Xilai, è Fu Yang,e con lui, presumibilmente altri principini.
L'operazione anti mafia è immane, devastante. C'è materiale per unromanzo. Infatti i cinesi hanno creato anche una serie televisiva, ispirandosiagli eventi reali. E chi era il protagonista, l'eroe senza macchia?
Propriolui, Wang Lijun, superpoliziotto che ha provato a chiedere rifugio negli Usa.
GLI SCENARI POSSIBILI
Hu colpisce Bo per avvertire Xi
Che a Hu Jintao Bo Xilai non sia piaciuto è cosa nota: il presidente, come ilpremier Wen, non si è mai recato a Chongqing durante il regno di Bo. Vocidiplomatiche sembrerebbero suggerire una mossa contro di lui da parte di Hu: inprimis, per metterlo in difficoltà e giocarsi ancora qualche carta in nome delfeudo del Presidente, ovvero la Lega dei giovani comunisti. In secondo luogoper mandare un messaggio, trasversale, al futuro leader Xi Jinping: a comandareè ancora l'enigmatico Hu.
Se la torta diventa un campo di battaglia
Bo Xilai e Wang Yang sono tra i politici in ascesa in Cina. Non si amano, sisono stuzzicati a lungo sui media, nonostante stantii tentativi diriappacificazione. I due, infatti, incarnano due modelli, tra quelli possibiliper il futuro del paese. Come scriveva Andrea Pira su China Files, «il modellodi Chongqing viene costantemente paragonato a quello del Guangdong. La lorovisione del futuro cinese è stata paragonata alla divisione di una torta. PerBo, tutti devono poterne godere allo stesso modo, appianando le disuguaglianze,lato oscuro di trent'anni di riforme economiche e di sviluppo. La torta diWang, già predecessore di Bo a Chongqing, deve invece essere più grande. Solocosì un maggior numero di persone potrà riceverne una fetta». Lo stile dei dueè differente come ha enfatizzato Michael Anti, noto blogger cinese, parlando dinuovi media. «Wang, almeno così dice, si interessa di ciò che i cinesi scrivonosui microblog e cerca di agire di conseguenza», ha spiegato. «Al contrario, BoXilai li usa per imporre la propria visione, non per ascoltare». WangYang, era il nemico numero uno.
Scontro dinastico
La divisione con la quale siamo abituati a leggere da molto tempo ledinamiche all'interno del partito comunista, si basa sul differente rango deisuoi appartenenti: c'è un gruppo che arriva da famiglie storiche in Cina,protagonisti della rivoluzione comunista e un altro gruppo che invece arrivadalla carriera interna al partito. Anche tra i principini, però, ultimamente sisono notati segnali di divisioni interne. L'ultima uscita pubblica di cui si èavuta notizia, in occasione dell'anniversario della fine della Banda deiQuattro e della Rivoluzione Culturale, riportata da Agichina24, aveva fattonotare una sorta "contrattacco al "neo-maoismo" di Bo Xilai, il leader diChongqing che dopo un'enorme campagna anticorruzione ha guadagnato un vastoconsenso popolare e adesso mira ai vertici del Partito Comunista Cinese. La sipuò rappresentare come un endorsement a favore di Xi Jinping, per invitarlo anon dimenticare le sue origini. Un'ala dei principini quindi sembra non gradireil "maoismo" a tratti folkloristico di Bo Xilai, e potrebbe essersi infuriatadopo l'attacco contro uno di loro sferrato dal leader di Chongqing in occasionedel processo anti-mafia. Era il nemico numero due, Fu Yang, figlio di un altrodegli 8 immortali, Pang Zhen, il potente capo dello studio di avvocati di cuiBo Xilai ha intaccato l'immagine arrestando uno dei suoi associati.
Non siamo mica gli americani
Che fine ha fatto il superpoliziotto Wang Lijun? Dopo la confusione delle primeore, tanto le autorità Usa che quelle cinesi hanno ammesso che Wang Lijun hatrascorso un'intera giornata al consolato americano di Chengdu. Secondo glistatunitensi, se n'è andato «di sua spontanea volontà». Ilfunzionario ha davvero chiesto asilo politico agli Usa? Che cosa ha potutorivelare in 24 ore agli americani? Washington ha scelto di riconsegnarlo alleautorità cinesi? «Se davvero Wang Lijun si è presentato al consolato Usachiedendo asilo politico, a mio avviso gli americani sono stati tutt'altro checontenti di trovarselo davanti», racconta ad agichina24.it una fontediplomatica. Contrariamente a quanto si pensa abitualmente, ambasciate e sediconsolari non godono dell'extraterritorialità: il consolato di Chengdu è suolocinese, al quale il governo rinuncia per necessità funzionale. Può sembrare unasottile questione giuridica, e invece nel caso di Wang Lijun ha precisirisvolti pratici che plausibilmente hanno fatto trascorrere ore convulse aifunzionari Usa in servizio a Chengdu nella notte tra martedì e mercoledì.
Ore in cui era necessario interrogare il super-poliziotto cinese per capirele ragioni della sua presenza e se potesse rivestire lo status di rifugiatopolitico, raccogliere quante più informazioni possibile, e allo stessotempo intavolare un negoziato con le forze dell'ordine cinesi, che avrebberoavuto il diritto di fare irruzione in ogni momento. Una nottata a nervi tesi, arischio incidente diplomatico. «La nostra procedura prevede una trattativa conil Paese di accreditamento, questa persona deve lasciare il territorio e quindiavere un salvacondotto. Quindi è tecnicamente impossibile farla fuggire senzaun accordo perché banalmente – a meno che non si riesca a farlo di nascosto –appena sei fuori dalla sede diplomatica, vieni arrestato», spiega la nostrafonte. «È plausibile che gli Usa abbiano una procedura interna per questi casi,che però ovviamente non rendono nota. Basti pensare allo scrittore Liu Jie, cheè da poco riuscito ad espatriare in America. Ma quella di Wang Lijun è unasituazione molto diversa».
Su quanto è veramente successo dentro il consolato di Chengdu si possonofare solo delle ipotesi. Com'è possibile che gli americani si siano trovatiuna simile patata bollente proprio a pochi giorni da una visita importante comequella del vicepresidente Xi Jinping a Washington?
«SeWang Lijun ha deciso improvvisamente di chiedere asilo politico agli Usa, senzacontatti precedenti, può darsi che abbia chiesto un appuntamento con una scusa.Gli americani lo accolgono, pensando a un normale colloquio di cooperazione. Einvece Wang cambia le carte in tavola, vuota il sacco sulle sue realiintenzioni, e quelli si trovano improvvisamente in una situazione estremamentescottante, con la polizia che circonda la sede diplomatica. Di sicuro, chi fauna mossa del genere, è disperato».
Un negoziato durato ore, che si conclude con la consegna di Wang Lijunalla polizia cinese. «In un altro momento politico, sarebbe potuta finirediversamente – conclude la nostra fonte – e magari gli americani non avrebberorinunciato a rifilare qualche colpetto ai cinesi. Ma con il viaggio di XiJingping in America alle porte, Wang Lijun, a mio avviso, era spacciato».
In sole ventiquattrore, il superpoliziotto cinese sembra aver riportatoindietro le lancette di decenni, ai tempi in cui i blocchi divisi dal Murocercavano di soffiarsi sotto il naso quei funzionari disposti a passaredall'altra parte. Ma Stati Uniti e Cina sono legate da una relazione ancora piùcomplessa di quella che contrapponeva Washington a Mosca, al posto dellacortina di ferro oggi c'è un muro di bit, e internet gioca un ruolodeterminante in tutta la vicenda. Se gli ingredienti di questa storia fannopensare alla Guerra Fredda, allora si tratta di una contrapposizione daicontorni completamente nuovi.
Wang Lijun versus Bo Xilai
Nella mattinata pechinese, via mail e sul sito Danwei viene pubblicata unalettera, non verificata a firma Wang Lijun. L'incipit è tutto un programma:«quando leggerete questa lettera sarò morto o in carcere». La missiva vienefatta girare sul web dalla sociologa Li Yinhe, poi sparisce, ma qualcuno fa intempo a tradurla in inglese. E Wang Lijun, sempre che la lettera sia autentica,distrugge Bo Xilai. Lo chiama «Il capo di tutti i capi» (in italiano), sostieneche di aver raccolto le prove della corruzione del suo ex boss per denunciarloed evitare al Paese la catastrofe di ritrovarsi al governo un uomo come Bo Xilai,capace di denunciare il padre durante la Rivoluzione Culturale. «Un malvagioche si nasconde dietro la "farsa" della nostalgia maoista». Se la lettera fossevera, la carriera di Bo Xilai subirebbe un colpo, forse, decisivo e svelerebbele ragioni del tentativo di fuga di Wang.
Infine, nuovi dettagli si sono aggiunti al puzzle che compone l'enigma"Wang Lijun". E mentre si rincorrono le ipotesi, i netizen accostano ilcaso alla vicenda di un romanzo molto popolare in Cina e danno la lorospiegazione: davanti alla sede diplomatica americana è andata in scena ladisputa tra due diversi gruppi di poliziotti che volevano prendere in consegnail fuggiasco. Perché litigavano? La versione del quotidiano South China MorningPost getta luce sulla vicenda: la prima squadra di poliziotti sarebbe arrivatasul posto su ordine di Huang Qifan, sindaco di Chongqing, con l'obiettivo dicatturare l'ex capo della polizia, e impedirgli di fare rivelazioni su di lui esu Bo Xilai, segretario del Partito di Chongqing, astro in ascesa dellapolitica nazionale cinese, proiettato verso un seggio al Comitato Permanente,il gotha del Partito Comunista Cinese. La conferma? A detta di tre fontianonime con "conoscenza diretta del caso", il sindaco di Chongqing è statoconvocato venerdì a Pechino per fornire una spiegazione sulle ragioni chel'hanno spinto a circondare una sede diplomatica straniera.
Questo articolo è stato pubblicato su Linkiesta il 15febbraio 2012
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