In tema di lotta all'inquinamento, la Cina ha deciso di fare sul serio: meno 40% di emissioni di gas serra entro il 2020, meno 16% nel consumo di energia entro dieci anni, meno 7% di utilizzo di acqua già da quest'anno. Nel mirino di Pechino ci sono soprattutto le aziende, le stesse che finora avevano contribuito al miracolo economico cinese grazie a un cospicuo flusso di investimenti esteri nel manifatturiero.
La battaglia verde, sia chiaro, è sacrosanta: ne va della salute della popolazione cinese e dell'intero pianeta. Purché non si trasformi in dumping verde: non è raro infatti che le autorità locali preposte ai controlli sul rispetto della normativa ambientale chiudano un occhio con le aziende cinesi, i cui proprietari godono della protezione del politico di turno. Così, le aziende straniere finiscono con il diventare target più facili da colpire.
Verde è bello, dunque, purché sia verde per tutti. Per fortuna, l'opinione pubblica cinese è più avanti dei suoi governanti. Scende in piazza, manifesta, si indigna, non importa se a inquinare è una fabbrica occidentale o «made in China». E le autorità cominciano a essere costrette ad agire in maniera bipartisan. Con i connazionali e con gli investitori esteri.
05/09/2011