L i Madou, alias Matteo Ricci, suscita molta curiosità in quel fiume di visitatori cinesi, trecentomila in poche settimane di apertura tra Pechino e Shanghai. Ancora oggi sembra un alieno, un mutante senza tempo, Li Madou-Matteo Ricci; in quattro secoli non ha perso le sue doti migliori, il carisma della forza del dialogo e il combustibile della curosità, tipica dell'uomo rinascimentale.
Cinese tra i cinesi, gesuita coltissimo capace di farsi prima bonzo, poi mandarino, infine consulente dell'imperatore sulle cose dell'altra metà del mondo, studioso di scienza e di religioni (tutte: da Confucio al Tao a Budda) il maceratese Ricci, dopo aver raggiunto lo scopo di entrare primo occidentale nella misterisosa Cina, finì i suoi ultimi giorni nella casa di Pechino, spossato dalle continue visite delle delegazionicinesi che andavano a consultarlo quasi fosse un oracolo. Per forza: Li Madou era stato insignito del titolo di Xitai che, tradotto, vuol dire: il Maestro dell'estremo occidente.
Da domani 3 giugno fino al 25 luglio la mostra è al museo di Nanchino, in pieno centro storico, tra i meglio conservati di tutto il paese. Realizzata dalla Regione Marche, nell'ambito delle attività del Comitato promotore delle Celebrazioni del IV Centenario dalla morte di padre Matteo Ricci, con il supporto di Svim spa, ha ottenuto l'Alto patronato del presidente della Repubblica italiana e il patrocinio del ministero per gli Affari esteri e del ministero per i Beni e le attività Culturali.
Nato a Macerata nel 1552, Ricci fece studi umanistici, a Roma studiò diritto, alla Sapienza, poi entrò, nel 1571, nella Compagnia di Gesù, studiando nel Collegio Romano. Nel 1577 fu assegnato alle missioni dell'India e dopo quattro anni dall'India fu chiamato a Macao per studiare la lingua cinese e prepararsi a tentare l'impresa della Cina. Nel settembre 1583 entrò nella città di Zhaoqing, fondando la prima residenza cinese.
Ma è a Nanchino che Ricci era destinato a trovare il suo humus, insegnando matematica e astronomia, traducendo i classici, lì incontrò il matematico cinese cattolico Xu Guangqi, preparando, con l'appoggio di mandarini amici, l'incontro con l'imperatore Wanli. Raccolse i doni con i quali intendeva presentarsi in udienza, lasciando definitivamente la città per Pechino il 18 maggio 1600.
Diciotto anni furono necessari per arrivare alla corte imperiale, finchè non fu chiamato a Pechino con decreto per presentare doni quale ambasciatore d'Europa all'imperatore Wanli. Dall'anno dopo fu a Pechino, protetto dall'imperatore, che però non incontrò mai.
L'esibizione itinerante vuole avvicinare questa originale figura a un pubblico ampio, secondo un percorso che sottolinea la lunga strada fisica e culturale percorsa da Matteo Ricci. Ce ne è bisogno: è toccato, infatti, all'ambasciatore italiano in Cina, Riccardo Sessa, scrivere una lettera per puntualizzare che, a differenza di quanto riportato dal quotidiano China daily, Ricci era italiano e non portoghese.
Quanta forza, però, era racchiusa nell'opera del missionario Li Madou, vien da pensare visitando le stanze della mostra che, a Shanghai, si snodano una dopo l'altra. C'è una prima fase che ricostruisce il mondo di Ricci, infatti sono esposte per la prima volta opere preziosissime, inclusi dipinti di Raffaello, Tiziano, Lorenzo Lotto, Federico Zuccari, Federico Barocci, Giulio Romano, Simone De Magistris accanto a documenti e strumenti scientifici, libri e manoscritti rari, incisioni su rame e modelli in scala della Roma antica e rinascimentale, strumenti musicali, macchine leonardesche e dispositivi meccanici, congegni vari per la misura del tempo e dello spazio.
Oltre sfere armillari e mappamondi c'è, invece, il mondo che Ricci si ritrovò davanti in Cina all'arrivo: si ricostruisce, attraverso documenti originali e oggetti d'epoca cinesi, l'esperienza di incontro, dialogo e comunicazione compiuta da Macao a Pechino, dove - privilegio raro per un non cinese - è tuttora conservata la tomba del grande pioniere. Le opere cinesi esposte evocano aspetti fondamentali della civiltà cinese con i quali Ricci si è misurato, la lingua e la scrittura, la produzione libraria, l'incontro con tre grandi religioni - confucianesimo, buddismo e taoismo -, le opere prodotte da Ricci e dai suoi amici in Cina: libri, carte geografiche, strumenti scientifici. Preziosi oggetti in oro e giada evocano il fascino della corte di Wanli, nella quale il letterato straniero potè liberamente circolare. Dopo aver affrontato navi in tempesta, attacchi di febbre violenta, incertezza e senso dell'ignoto, l'ambasciatore del mondo occidentale lì ebbe forse la sensazione di essere al riparo.
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02/06/2010