Pechino, 20 ott. - I tre responsabili della politica economica dell'Unione europea voleranno in Cina entro la fine dell'anno per discutere di valute e tassi di cambio: lo ha dichiarato ieri il capo dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker parlando anche a nome del governatore della Banca centrale europea Jean Claude Trichet e del Commissario per gli affari economici Joaquin Almunia, al termine di un incontro dei ministri delle Finanze dei 16 paesi dell'area euro. "Abbiamo trascorso molto tempo a discutere dei tassi di cambio, e si tratta di un argomento che suscita le nostre preoccupazioni" ha detto Juncker. La visione comune dei tre, secondo Jean-Claude Trichet, è che "l'eccessiva volatilità delle valute ha un chiaro impatto negativo sulla stabilità economica e finanziaria" di Eurolandia. Anche se nessuno dei tre ha approfondito ulteriormente i temi che verranno trattati in Cina, analisti ed esperti sottolineano che l'attuale situazione dollaro-euro-yuan rappresenta una notevole fonte di tensioni per l'economia e l'export europeo. Bruxelles, in pratica, si trova stretta tra Washington e Pechino: nonostante i ripetuti richiami USA a un dollaro forte, l'euro potrebbe presto tornare al cambio-record di 1.60 sul biglietto verde mentre, sul fronte orientale, lo yuan (non convertibile e ancorato a un paniere di valute internazionali) ha subito un deprezzamento del 6.9% sul dollaro dal febbraio scorso. Di conseguenza, mentre le monete di USA e Cina perdono di valore, l'euro continua ad apprezzarsi, con notevoli ripercussioni sulla crescita e le esportazioni di tutta l'Europa a 16: la Commissione Europea ha recentemente sottolineato che un apprezzamento del 10% dell'euro sul dollaro in termini reali si tradurrebbe in un abbassamento del 2.5% delle esportazioni in due anni. Facile quindi intuire che il trio Almunia-Juncker-Trichet voglia partire alla volta della Grande Muraglia per convincere le autorità monetarie cinesi ad un apprezzamento dello yuan, ritenuto sottostimato tanto dalla Ue che dagli Usa. La scorsa settimana anche il Tesoro americano, nel tradizionale rapporto economico semestrale al Congresso si era detto "preoccupato" per il tasso di cambio con lo yuan; mentre i precedenti viaggi della "troika" europea a Pechino non avevano convinto la Cina a modificare significativamente le sue politiche valutarie.