È il figlio di due mondi e lavora per costruirne un terzo. Yanhong Robin Li è nato in Cina nel 1968, nel pieno della rivoluzione culturale, e si è laureato in economia a Pechino e poi in informatica all'università di Buffalo, negli Stati Uniti, dove ha imparato l'arte della prima New economy, delle start-up hi-tech e delle tecnologie informatiche. Poi, tornato in Cina, ha fondato con Eric Xu il più popolare motore di ricerca cinese, Baidu.
In un Paese come la Cina, scosso dalla rivoluzione digitale, con uno spaventoso digital divide tra aree rurali e cittadine e fra quartieri diversi delle stesse grandi città, Baidu è diventato uno dei punti di riferimento per i navigatori Internet dell'Impero di mezzo. È il motore di ricerca più cliccato e le sue 750 milioni di pagine indicizzate sono forse poche rispetto ai 30 miliardi di Google, ma sono quelle che contano per i nipoti del Celeste Impero.
Infatti Baidu non porta avanti solo una strategia commerciale, ma alimenta attivamente anche la politica autarchica di Pechino per le nuove tecnologie, grazie alla produzione collaborativa e su larga scala di contenuti digitali made in China.
L'arma per questa battaglia culturale prima che commerciale è Baidu Baike, l'equivalente della popolare enciclopedia online multilingue e aperta Wikipedia. Baike ha superato qualsiasi edizione di Wikipedia a parte quella in lingua inglese e, secondo i dirigenti di Baidu, «Non c'è ragione perché la Cina usi Wikipedia: è molto più naturale che i cinesi si creino da soli i propri prodotti».
Però la voglia di autarchia e l'uso creativo e a volte spregiudicato delle tecnologie di ricerca non sempre piace al resto del mondo. Come, ad esempio, il servizio Mp3 di Baidu (uno dei sessanta sotto-portali a disposizione dei navigatori), che consente di cercare e trovare sul web la versione digitale di popolari canzoni e che sta creando un crescente nervosismo tra le grandi case discografiche internazionali.
Tuttavia, il motore di ricerca preferito nel mercato domestico cinese, il cui nome deriva da un passaggio di un poema di 900 anni fa ("Baidu" vuol dire "centinaia di volte" e rappresenta l'infinita ricerca di un ideale), è riuscito a sconfiggere anche le versioni cinesi di Google e degli altri colossi del search mondiale. Per farlo è sceso a patti con il Governo di Pechino, accettando tutte le regole su quali contenuti i navigatori cinesi possano vedere oppure no e filtrando così i siti nazionali e internazionali politicamente sensibili. Con Baidu la frase "free Tibet" non produce nessun risultato (per Google italiano, invece, ne produce più di 6 milioni), ma la musica pop, i videogiochi e le ricette tradizionali sono tutte disponibili in mandarino, l'unica lingua letta dalla totalità degli abitanti del Paese.
La strategia di Baidu è quella di diversificare e di crescere anche al di fuori dei confini nazionali: il motore di ricerca esporta il suo modello anche in altri Paesi dell'Asia, a partire dal Giappone, dove ha aperto una filiale, e si è organizzato per l'e-commerce, con il suo equivalente del sistema PayPal di eBay.
Anche per questi motivi Baidu è stato il primo titolo cinese ad essere inserito nell'indice Nasdaq 100.
A.Di.
IN POLE POSITION
Il primo "motore" cinese
Baidu domina la classifica dei motori di ricerca usati in Cina.
Fondato nel 2000 da Robin Li ed Eric Xu, offre decine di servizi aggiuntivi oltre alla ricerca fra i 750 milioni di pagine che ha indicizzato (quelle di Google sono 30 miliardi).
Con Baidu Baike, l'equivalente dell'enciclopedia online collaborativa Wikipedia, sferra l'attacco ai contenuti autoprodotti da larghe comunità di utenti in Occidente.
Baidu, pur essendo di proprietà privata e quotato al Nasdaq, aderisce a tutte le norme volute da Pechino per la censura.
02/09/2008