Rita Fatiguso
MILANO
È la nuova frontiera del falso. Gli investigatori lo sanno bene e, a loro volta, si stanno attrezzando.
Due dei sedici siti chiusi dalla Guardia di Finanza con l'accusa di vendere articoli contraffatti, in particolare orologi, tentavano di depistare l'attenzione proprio giocando sul termine replica. Il Nucleo milanese di pronto intervento non s'è fidato e ha scoperto che dietro Replicus.com e Replica.com c'era un'associazione di falsari attiva tra Milano, Napoli, Trento. Tra i più richiesti un orologio Panerai, che ai falsari costava 40 euro ma online veniva venduto a 400. Al pool che ha lavorato a stretto contatto con i magistrati della Procura di Milano specializzati in reati informatici, ricordano ancora la scena: «Quando, ordinanza alla mano, siamo entrati negli uffici dei contraffattori, in pratica nella sede dei siti online, ci siamo ritrovati di fronte a una realtà per niente virtuale: decine e decine di orologi catalogati con puntiglio maniacale, assolutamente perfetti, identici agli originali».
Tanto simili da ingannare perfino i periti del tribunale, che hanno avuto un attimo di smarrimento. Per poi accorgersi che alcuni ingranaggi erano veri: le tracce portavano direttamente alla fabbrica di Zurigo, a qualche dipendente infedele probabilmente colluso con i falsari.
Agostino Tortora, dal quartier generale romano della Guardia di Finanza, rimarca: «Che internet sia la nuova frontiera di contraffazione e pirateria, grazie anche alla velocità nelle transazioni commerciali e all'anonimato garantito, lo prova l'aumento esponenziale di sequestri di prodotti contraffatti e siti web, e di materiale informatico, specie file audio-video e hard disk».
«Il vero problema sta nell'eseguire le ordinanze – commenta il tenente colonnello della Finanza Edoardo Viti, del nucleo di Pronto intervento. Le cose da fare sono due, in questi casi: notificare il provvedimento al titolare del sito, ma anche al provider. Quest'ultimo deve oscurarlo materialmente caricando sulla homepage i motivi del sequestro. Se il server non è italiano, tutto si complica. Con l'operazione Cartellino rosso siamo riusciti a ovviare al fatto di ritrovarci di fronte a un server cinese. Ma se l'host è negli Stati Uniti, la situazione si complica ulteriormente».
Taobao-fashion.com, il sito conosciuto come l'eBay cinese, basato a Guangzhou, nel Guangdong, è già nel mirino dei controlli, pare che il 90% della merce sia falsa. Anche qui l'acquirente pensa di acquistare capi originali, perché per tali sono spacciati, le caratteristiche complessive dell'offerta, cioè l'asta, rendono credibili i bassi prezzi. Un prodotto originale costa 1.500? Ebbene, la base per la copia è anche di 150-180 euro.
Bisogna però aggiungere che all'estero le pene sono molto severe. In Danimarca, giusto due anni fa, un ex camionista aveva creato un sito per vendere false griffe, poi oscurato. Processato, il danese sconta la pena in carcere.
«Molto dipende dalla collaborazione con le case produttrici degli originali. Senza querela di parte, è difficile muoversi – dice Roberto Fazio, tenente colonnello della Finanza – abbiamo fatto diverse operazioni che hanno riguardato un prestigiosissimo marchio proprio grazie alla collaborazione con gli uffici dell'azienda esperti in proprietà industriale. Spesso sono loro stessi a scandagliare sul web le offerte di capi con il loro marchio. Nei casi in cui già dalla visione delle foto rilevavano il falso, o comunque se avevano dubbi, prima intervenivano direttamente su eBay per far ritirare la merce dalle aste, cercando anche di conoscere gli estremi dell'offerente. Poi, però, subentra il problema dell'individuazione dell'autorità competente».
Così, a volte, bisogna agire di astuzia. Una ditta si è addirittura spacciata per acquirente e, abito alla mano, ovviamente falso, è andato a fare il suo bell'esposto. L'abito è stato sequestrato come corpo del reato. Il che ha permesso l'avvio dell'indagine vera e propria.
rita.fatiguso@ilsole24ore.com
12/08/2008