I cinesi non muoiono mai di Raffaele Oriani e Riccardo Staglianò offre una panoramica su come i cinesi vivono e lavorano nel nostro Paese: attraverso un viaggio che parte da Bagnolo Piemonte e arriva a Matera, passando per Milano, Prato, Roma e Napoli, i due autori presentano aspetti di un'immigrazione la cui immagine troppo spesso risente dell'appiattimento di notizie imprecise e di luoghi comuni, come suggerisce il titolo stesso del libro.
Per fornire uno spaccato il più possibile rappresentativo della realtà cinese in Italia, i due giornalisti hanno incontrato cinesi di diverse provenienze e professioni e si sono avvalsi della collaborazione di sinologi, sociologi e mediatori, che hanno fornito indicazioni e spiegazioni a tendenze e fenomeni poco conosciuti o solo sbrigativamente trattati altrove.
Così scopriamo che, accanto alle figure di ristoratori o importatori, tipiche dell'immigrazione cinese di Roma, gli scalpellini cinesi in Piemonte hanno risollevato le sorti della lavorazione della pietra e per risolvere il problema della monda del riso nel vercellese si è dovuto ricorrere a loro, che di familiarità con questo prodotto, così importante per l'economia italiana, ne hanno da vendere. L'intervento degli immigrati provenienti dal Regno di mezzo non è stato decisivo solo per quanto riguarda la manodopera: è merito del dottor Wang, agronomo, se a Vercelli e a Novara ora si coltiva anche il pregiato riso nero, più salutare e profumato del riso bianco e già ingrediente di spicco delle migliori tavole.
E se dei cinesi si sente solo dire che lavorano indefessamente, senza tutele o rivendicazioni sindacali, forse non si tiene conto della mobilitazione degli operai di Arese, in provincia di Milano, che, al termine di due mesi di protesta per il riconoscimento di festivi e straordinari, hanno ottenuto nella primavera scorsa un notevole aumento dei soldi in busta paga e la diminuzione del carico di lavoro.
Altro aspetto notevole del lavoro di Oriani e Staglianò è quello di ritrarre i cinesi non solo nei momenti di lavoro, ma anche intenti a giocare d'azzardo, sposarsi o persino pregare. Scopriamo così che nel popolare casinò di Mestre, dove i clienti possono arrivare in autobus, i più amati sono proprio loro, incalliti giocatori d'azzardo che accettano con apparente indifferenza qualsiasi tiro giocato dalla sorte. E veniamo anche a sapere che, se le banche sono restie a concedere prestiti agli immigrati, si risolve tutto con un banchetto di nozze, dove i 'contributi' degli invitati, generalmente non inferiori ai cinquecento euro, vengono diligentemente annotati in un registro, che equivale a una garanzia per favori o prestiti futuri. La disponibilità di capitale è così importante perché il sogno della maggior parte dei cinesi che lavorano all'estero è quello di poter spendere il denaro accumulato per mettersi in proprio ed è forse Prato uno degli scenari più significativi dello spirito imprenditoriale cinese. Qui vive il fondatore della Giupel, primo cinese iscritto a Confindustria, che dopo anni di fatica è riuscito a unire, per la sua linea d'abbigliamento, fantasia italiana e precisione cinese con risultati e fatturato da capogiro.
Agli stereotipi sulla comunità cinese si ribellano soprattutto le seconde generazioni, che, a differenza dei loro genitori, dispongono di strumenti culturali e linguistici tali da permettere loro una maggiore integrazione e sensibilità ai problemi che riguardano il nostro Paese: tramite il forum e il sito della loro associazione è possibile ascoltare le loro voci, talvolta indignate per il trattamento iniquo riservato ai loro connazionali.
In conclusione, la realtà dei cinesi d'Italia rappresenta un mosaico variegato, policromo e in costante mutamento, per comprendere il quale occorre pazienza e attenzione, qualità che gli autori del libro dimostrano abbondantemente di avere. (Chiara Romagnoli)
I cinesi non muoiono mai, ed. Chiare Lettere, luglio 2008, Milano, pp. 236, euro 14,60.