È il maggior produttore al mondo di mobili per esterni in metallo. Con due marchi: Emu, prodotto in Italia e legato al design; Oasi, centomila pezzi all'anno, più di massa, rivolto alla grande distribuzione e fatto in Cina. «Ma ora sto pensando di riportarlo in Italia» spiega Marco Dolcino, amministratore delegato della Emu, azienda nata nel 1951 in Umbria, poi rinata dopo aver attraversato una grave crisi all'inizio degli anni Novanta.
La forza di Emu è sempre stata nella tecnologia, in particolare nel trattamento dei metalli: tra le prime al mondo aveva brevettato un trattamento speciale in grado di rendere il metallo particolarmente resistente agli agenti atmosferici. La strategia era concentrata sulla produzione per conto di grossi clienti, da Ikea a Marks & Spencer: grandi numeri, ottima qualità di fascia media, margini poco elevati. Poi la svolta.
Nell'ottobre 2005 il fondo L-Capital (del colosso francese Lvmh) rileva il 75% del capitale di Emu: il resto fa capo alla famiglia Biscarini e ai manager. L'anno dopo la gestione viene affidata a Dolcino che decide di sviluppare delle collezioni di mobili di fascia più elevata, affidandone la creazione a designer di fama. E questo proprio mentre la cultura del mobile per esterno, soprattutto negli Stati Uniti, stava evolvendo: se prima la qualità richiesta era bassa, ora si cercano prodotti più raffinati («Oggi tutti i marchi stanno buttando l'occhio sui mobili per esterni» sostiene Dolcino).
La riorganizzazione dell'azienda ha così consentito di raggiungere un fatturato di 36 milioni di euro nel 2007 e, secondo le previsioni dell'amministratore delegato, quest'anno si dovrebbe arrivare a 40-41 milioni, con un margine operativo lordo di 6-7 milioni. Il 42% circa dei ricavi è realizzato in Italia, il 25% negli Stati Uniti, un po' meno del 30% in Europa e il resto in giro per il mondo. Alla crescita di Emu ha contribuito anche una nuova attenzione alla distribuzione: due negozi diretti a Roma e Milano, venti monomarca di prossima apertura in Europa.
Ora Dolcini sta ripensando anche al secondo marchio, Oasi. L'idea è quella di riportare tutta la produzione in Italia. Perché? «Perché le esigenze di qualità diventano sempre più importanti anche per gli elementi basici – risponde l'a.d. – e questa qualità non posso farla in Cina. Tornare a produrre tutto in Italia, dove la conoscenza dei materiali e dei processi non ha uguali, è l'unico modo per pensare di continuare ad avere successo anche nei prossimi dieci anni».
C. J.
06/06/2008