Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti: basta camminare in una qualsiasi grande città cinese per imbattersi ad ogni passo in un centro commerciale o in un sito di costruzione dove se ne sta sviluppando uno. Ad uno sguardo più approfondito, però, spesso questi enormi mall sembrano essere sfruttati al di sotto delle loro potenzialità: i clienti non sono molti, anche in quelli che non offrono esclusivamente marche di lusso, e in alcuni casi gli allestimenti appaiono poco funzionali. Nonostante i fiumi d'inchiostro scritti sull'aumento delle spese, il consumatore cinese continua a mettere da parte circa il 50% del suo stipendio mensile. Secondo dati del governo cinese pubblicati da Forbes e ripresi da diversi giornali economici, tra cui l'Asia Times, il reddito disponibile dei residenti nelle città cinesi è salito nel 19,5% nel primo quadrimestre del 2007, ma si tratta pur sempre di una media di 3935 yuan (circa 380 euro). Inoltre, le spese per casa e affitto continuano a crescere ogni anno dal 12 al 15%. Il boom dei centri commerciali in Cina è già finito? Altri dati lasciano ben sperare: l'aumento dei residenti urbani, per esempio, che è passata da meno del 20% negli anni '80 all'oltre 40% di oggi e che arriverà al 60% nel 2030. I consumatori cinesi, inoltre, hanno speso 8.9 trilioni di yuan (circa 8.9 milioni di miliardi di euro) nello scorso anno; un aumento del 13.7% rispetto all'anno precedente. "Le opportunità del retail in Cina sono ovvie -dice ad AgiChina24 David Hand, Managing Director a Pechino per la Jones Lang LaSalle- e derivano da un cocktail di varie condizioni: un potere d'acquisto ancora parzialmente inutilizzato, una società che si sta modernizzando rapidamente, domanda di lusso e piacere, l'amore per la bellezza e le novità e la ricerca di status symbol. Ma effettivamente i mall appaiono vuoti. Ci sono troppi centri commerciali e troppo pochi consumatori? La risposta va cercata nella breve storia dello sviluppo dei centri commerciali in Cina. Il mercato è stato gestito da developers locali, tailandesi o taiwanesi che spesso cercavano il profitto a breve termine e hanno tarpato le ali al potenziale del retail nel paese. Inoltre, la scarsa professionalità di alcuni manager ha portato anche alla costruzione di centri esteticamente brutti e malamente arredati". Nello scorso autunno Wang Yao, segretario generale dell'Associazione Industriale Cinese, ha richiamato l'attenzione dei media sul problema: "La Cina ha troppi mall in fase di sviluppo. Ne chiuderanno sempre di pù se non si fanno degli sforzi per migliorare il management". Secondo David Hand ci sono "4 S" che domineranno il panorama del retail nella Cina dei prossimi cinque anni: "Specializzazione; gli shopping mall non dovranno aspirare a vendere tutto a tutti. Sofisticatezza; bisognerà aumentare la qualità in termini di design e di cura nell'esperienza di shopping del cliente, cosa che attualmente manca molto nel paese. Scala: grande non significa necessariamente migliore. Un centro commerciale più piccolo ha più possibilità, secondo me, di attirare l'attenzione dei consumatori cinesi che vivono intorno. Servizio: qui si gioca tutto, si mescolano tutte le caratteristiche che ho indicato sopra. Un ambiente pulito, accogliente e sicuro verrà ricompensato dai clienti cinesi. Per i centri di lusso, una collezione di brand di classe non vorrà dire tutto: si fidelizzeranno i clienti ai quali verrà riservato un vero trattamento VIP". Quali sono gli spazi per i marchi italiani, che tradizionalmente puntano sull'alta qualità, ma non tutti rappresentano brand riconosciuti dal grande pubblico cinese? "Una strada dedicata esclusivamente a retailer indipendenti può dare personalità a un mall e fornire ai clienti un'esperienza di shopping unica. Credo che sia questa la chiave per le imprese italiane che vogliono entrare in questo business".