Roma, 24 mag.- Proseguono i botta e risposta tra Manila e Pechino sulle isole Huangyan. Le Filippine puntano il dito contro il numero delle navi cinesi nelle acque contese. Secondo il ministro degli Esteri dell'arcipelago le imbarcazioni del Dragone sono salite nell'ultimo mese a più di 70 tra quelle governative e quelle utilitarie. Un numero ingiustificato specie se paragonato alle 2 delle Filippine, sottolineano da Manila. Ma Pechino smentisce: "Al momento sono circa 20 i pescherecci cinesi che operano nelle acque circostanti l'isola, un numero approssimativamente equivalente a quello dello scorso anno" ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei.
Intanto a Washington il presidente Barack Obama pressa il Senato affinché ratifichi la "Legge sui Mari" che, tra le altre cose, regolarizza i diritti di navigazione e di territorialità nel Mar Cinese Meridionale. Al trattato siglato nel 1982 aderirono circa 160 Paesi. Il rischio, ammoniscono dall'amministrazione Obama,è quello di arrivare a un confronto diretto con la Cina.
DOPPIO BRACCIO DI FERRO NEL MAR CINESE MERIDIONALE
di Sonia Montrella
Roma, 16 mag.- Da mercoledì fino al 1 agosto le acque del Mar Cinese Meridionale sono territorio off-limits per i pescatori. Dopoil no alla pesca annunciato da Pechino arriva anche l'alt delleFilippine. Il bando, aveva fatto sapere lunedì il governo cinese mira a"proteggere la fauna marina ed è slegato dalla disputa delle isolecontese di Huangyan" che da più di un mese mette a dura prova irapporti sino-filippini.
Ma la mossa non era andata giù a Manila che,dopo aver rigettato nei giorni scorsi il divieto della Cina -considerato illegittimo al pari delle rivendicazioni sulle isolecontese -, ha provveduto oggi a mettere in atto un'iniziativa simile. In particolare, il Bureau of Fisheries and Aquatic Resources (BFAR) hafatto sapere di aver inviato una nave nel Mar Filippino occidentale(Mar Cinese Meridionale) per controllare che tutti i pescatori siattengano alle regole. Il divieto in vigore per due mesi "coincide in parte con quello voluto dalla Cina"e "ha lo scopo di proteggere l'ecosistema marino", ha riferito ildirettore di BFAT Asis Perez. Nel frattempo, ha spiegato Perez, un teamdi esperti sta studiando una soluzione più efficace a lungo termine.
"Nonabbiamo nulla contro il bando della Cina purché sia rivolto solo alleimbarcazioni cinesi e sia imposto al di fuori del territoriofilippino" ha dichiarato il presidente Benigno Aquino III. E sempreil capo di stato, in un'intervista rilasciata oggi alla principaleradio del Paese - Bombo Radyo - ha detto commentando il divieto dipesca dell'arcipelago: "Abbiamo annunciato il blocco delle attività nonsolo perché lo ha fatto la Cina, ma soprattutto perché fa parte delterritorio filippino ed è nel nostro interesse tutelare il patrimonionazionale".
DUE NUOVI ATTORI: VIETNAM E USA
Nelladisputa tra Cina e Filippine che dura ormai dallo scorso 10 aprile siinserisce ora anche il Vietnam contestando il bando di pesca cinese invigore in tutto il Mar Cinese Meridionale e di conseguenza anche nelleacque che bagnano le Spratly e le Paracel, oggetto di contesa traPechino e Hanoi. "L'associazione si oppone fermamente al divieto irrazionale" ha dichiarato oggi Tran Cao Muu, vice presidente e segretario generale dell'Associazione per la Pesca vietnamita. "Il Paese gode di diritti inopinabili sulle Spratly e le Paracel, secondo la sovranità riconosciuta dalla United Nations Convention of the Law of the Sea del 1982.
E negli ultimi giorni nelle acque agitate della Secca di Scarabough è arrivato anche un sottomarino americano.Lo USS North California è arrivato domenica al Porto di Subic "per unrifornimento" ha spiegato il portavoce della Marina filippina tenenteOmar Tonsay. "Non ha nulla a che fare con la disputa. Ripartirà sabato"ha aggiunto il tenente colonnello. Le parole di Tonsay puntano adallontanare l'ipotesi di un'entrata di Washington nel conflitto che,pur avendo sottolineato di voler restare fuori dalla questione haassicurato di voler onorare il trattato di mutua difesa siglato nel1951 con le Filippine
MANILA: PRESTO SOLUZIONE
Intanto, i due governi assicurano che il conflitto sarà risolto per vie diplomatiche.Lo ha riferito lunedì il segretario degli Esteri filippino Albert DelRosario: "I colloqui con la Cina hanno imboccato una direzione cheprima non era molto chiara. E' prematuro dire che la situazione è giàrisolta, ma ci stiamo muovendo per vie diplomatiche". Un concettoribadito il giorno seguente anche dal portavoce del ministero degliEsteri cinese Hong Lei. Sempre nella giornata lunedì il presidenteAquino ha fatto un passo indietro riguardo la decisione precedentementeannunciata di voler sottoporre il "caso Scarabough" all'analisi delTribunale internazionale per il Diritto del Mare, organo indipendente delle Nazioni Unite.
PerJin Yongming, esperto di diritto all'Accademia di Scienze Sociali diShanghai ed editorialista del China Daily, la mossa non avrebbecomunque prodotto nessun risultato. "E' impossibile che ilTribunale ponga fine alla disputa perché né la Cina, né le Filippinehanno accettato la giurisdizione della corte senza riserve". "Nel2006 Pechino – si legge ancora sul quotidiano di stato – ha inviato unadichiarazione al segretario generale delle Nazioni Unite in cuirifiutava qualsiasi corte internazionale o arbitrato riguardo questionimarittime, territoriali e militari. La Cina gestisce i problemidirettamente con il Paese coinvolto".
Nelle stesse ore in cui Hong Lei parlava di "misure diplomatiche", il Consigliere di Stato Dai Bingguo dichiarava che la Cina non si farà intimidire da nessuno."Viste le dimensioni e il ritmo di sviluppo, il Paese deve restareumile in modo che le altre nazioni non si sentano minacciate. Tuttaviaciò non significa essere deboli. I paesi più piccoli, come ad esempiole Filippine, non dovrebbero avere un atteggiamento prepotente" hadetto Dai intervenuto all'incontro dell'Associazione popolare cineseper l'Amicizia con i Paesi esteri.
IL BRACCIO DI FERRO COLPISCE L'ECONOMIA
Mentre la tensione al largo delle Huangyan, o Panatag (in filippino), non accenna a diminuire l'economia dell'arcipelago subisce i primi contraccolpi.Perde terreno il turismo con la maggior parte delle agenzie di viaggiodel Dragone che hanno cancellato i pacchetti a causa di una "situazione a rischio". Ma soprattutto frena l'export: migliaia dicasse di banane, ananas e papaya provenienti dalle filippine sonobloccate da settimane nei porti cinesi "per motivi di sicurezzaalimentare". Secondo quanto riferito dalle autorità doganalicinesi, la frutta sarebbe marcia e infestata dallo pseudococco. "E'impossibile. L'insetto si trova solo nelle piantagioni di cocco e nelleFilippine separiamo le coltivazioni. Non è possibile che ci sia statacontaminazione" ha spiegato Clarito Barron, direttore del Bureau ofPlant Industry, secondo cui la mossa sarebbe l'ennesima ripercussionecontro Manila. Le perdite sono ingenti: le navi filippinetrasportano in Cina ogni mese 300mila tonnellate di banane del valoredi 60 milioni di dollari. Segue l'export di ananas con 13 milioni didollari nel 2011.
Per Barron, il governo dovrebbeindirizzare le spedizioni verso altri Paesi quali Arabia Saudita,Qatar, Oman, Italia, Francia e Regno Unito.
AQUINO NOMINA DUE INVIATI
Il presidente filippino ha nominato mercoledì i due inviati in Cina che per i prossimi sei mesi avranno il compito di promuovere l'amicizia tra i due Paesi.Ambasciatori speciali saranno il banchiere Cesar Zalamea e ilbusinessman sino-filippino Domingo Lee che dovranno spianare la stradaper una visita dei funzionari filippini nell'Impero di Mezzo nelmomento di massima tensione tra Manila e Pechino. Durante i sei mesi, idue dovranno inoltre "attirare verso le Filippine il maggior numero dituristi cinesi possibile" ha aggiunto il capo di stato dell'arcipelago.Per il momento, si legge sul South China Morning Post, resta tuttavia ancora vuota la poltrona di ambasciatore delle Filippine in Cina.
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