Pechino, 15 dic. - Nonostante le autorità si stiano impegnando a fondo per promuovere l'efficienza energetica e lo sfruttamento delle energie pulite rilanciando così l'immagine di una Cina "verde" a livello internazionale, nella regione settentrionale dello Shanxi la cittadina di Linfen rimane uno degli angoli più inquinati dell'intero pianeta a causa del massiccio utilizzo del carbone. Nel 2006, il Blacksmith Institute di New York ne considerava la qualità dell'aria come la peggiore al mondo. Nel rapporto curato dal gruppo ambientalista non-profit si leggeva che: "i residenti di Linfen sono pesantemente colpiti dalle sostanze inquinanti riversate nell'atmosfera dalle miniere e dalle fabbriche manifatturiere; le strutture sanitarie registrano sempre più casi di bronchiti, polmoniti e cancro ai polmoni". A seguito della diffusione del rapporto e di una serie di incidenti mortali verificatisi nelle miniere, i funzionari hanno chiuso circa 3.700 piccole miniere, operando così un giro di vite sulle emissioni locali. Deborah Seligsohn, un'esperta in materia ambientale che lavora presso il World Resources Institute a Pechino, ha affermato che " la Cina è un leader emergente nelle tecnologie del carbone pulito poiché ha investito (più di ogni altro paese) nella costruzione di centrali elettriche alimentate a carbone di alta efficienza, molte delle quali sono e saranno localizzate nella provincia dello Shanxi". I residenti confidano che "qualora un forte accordo fosse siglato a Copenaghen, Linfen avrebbe maggiori chance di vincere la guerra contro le fabbriche che eruttano carbone. Tuttavia, siamo consapevoli che la decisione spetta al governo e non ai comuni cittadini". La Cina , che si è classificata al secondo posto nella classifica dei paesi per emissioni di CO2 prodotte dal 1997 al 2007, contribuendo con 45.301 milioni di tonnellate e crescendo del 102%, è giunta al vertice di Copenaghen promettendo tagli alla propria 'intensità carbonica' del 40-45% entro il 2020 rispetto ai livelli di emissioni registrati nel 2005 (operazione che secondo uno studio dell'Università del Popolo costerà al Dragone fino 20 miliardi di euro l'anno). Ma l'aria che tira nei pressi di Linfen lascia intendere che la realtà politica e economica attuale vincolerà la Cina ad una produzione di carbone sempre crescente in futuro. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2008 il Dragone ha prodotto 2.7 miliardi di tonnellate di carbone e quest'anno supererà questi valori. Per il 2015 il governo ha previsto l'incremento della produzione di carbone del 30% e – puntualizzano alcuni esperti – quest'ultima potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2020. Luo Qingyu, capo della prefettura di Linfen, nel rapporto annuale pubblicato a maggio ha dichiarato che: "non dobbiamo mai abbandonare il compito prioritario che il nostro governo ha nel sostenere uno sviluppo frenetico; dobbiamo pertanto intensificare il ritmo della produzione e dei controlli presso le miniere di carbone al fine di garantire il rifornimento alle industrie carbonifere, metallurgiche ed energetiche". La regione dello Shanxi è la patria di numerosissime centrali elettriche a carbone (il combustibile fossile sovrano dell'energy mix cinese, di cui conta per il 70%) che vomitano gli incriminati gas serra; Linfen, perennemente offuscata da una fuligginosa coperta di smog che strozza i polmoni, appare come il "regno del carbone". Ma il grave degrado ambientale che minaccia seriamente la qualità della vita e la salute degli abitanti, visto con gli occhi dei singoli, non sarebbe così preoccupante. Come ha riferito un piccolo autotrasportatore "sebbene l'inquinamento fosse più pesante qualche anno fa, quando tutti erano intenti ad arricchirsi aprendo una piccola miniera e bruciando il carbone ricavato, forse 'si stava meglio quando si stava peggio' poiché attualmente, a causa della chiusura delle principali miniere e fornaci, un minatore riesce a malapena a racimolare 5000 yuan (circa 500 euro al mese) contro i 10000 che poteva guadagnare precedentemente".