La fabbrica del Natale non esporta più: ora vende in casa. Rimpiazzare l'export con la domanda interna, va ripetendo come un mantra la nuova nomenklatura di Pechino, in sintonia con i vecchi che l'hanno appena preceduta. E la fabbrica del Natale si adegua subito. A Yiwu, nella provincia dello Zhejiang, si costruisce oltre la metà dei gingilli natalizi venduti in tutto il mondo, dai babbi natale che cantano alle palline per decorare gli abeti. Il 70% di quello che sbarca nelle case degli americani, il 40% degli addobbi venduti in Europa. O meglio, a Yiwu, tutto questo lo si costruiva. Perché quest'anno l'Associazione dei produttori di oggetti legati al Natale sostiene che le esportazioni caleranno fra il 15 e il 20 per cento. Se questo è il dato ufficiale, immaginiamoci quello reale: nelle testimonianze di alcuni imprenditori citati dal China Daily si parla di tracollo delle vendite all'estero di oltre il 50 per cento. La stella di Yiwu si è dunque appannata? Soltanto all'estero. Perché la Cina di Confucio il Natale lo festeggia sempre di più. Niente di religioso, certo: a Pechino Santa Klaus è più simile a San Valentino che al bambinello. È una festa dei consumi. Così, i produttori di Yiwu si sono attrezzati: meno rapporti con i grossisti internazionali, più vetrine per il pubblico domestico. È la globalizzazione, bellezza: chissà che tra queste vetrine non ci sia spazio anche per qualche panettone... (mi.ca.)
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24/12/2012