Siano benvenuti i cinesi nel calcio italiano e in futuro siano accolti a braccia aperte tutti quegli stranieri che decideranno di mettere moneta sonante sullo sport nazionale. La China Railway Construction Company (Compagnia cinese di costruzione delle ferrovie e colosso di proprietà statale), che investe 70 milioni di euro nell'Inter e ne diventa il secondo azionista con il 15%, è un primo passo: il presidente nerazzurro Massimo Moratti ha detto che serviranno a costruire un nuovo stadio entro il 2017. Questa è la strada: dare gambe solide a un gigante - il calcio tricolore - dai piedi d'argilla.
Il nostro pallone, povero di talenti in casa e di denari in cassa, non imiti il Chelsea: Roman Abramovic ha acquistato il club inglese nel 2003, credeva di vincere tutto e subito. Ha comprato e stracomprato giocatori fortissimi di ogni dove. Tanto i miliardi di rubli gli escono dalle tasche: poi, si spaccavano, come si è spaccato lo spogliatoio. Ha aspettato nove anni per vincere (e ai rigori) la Champions League.
L'Italia non può permettersi tanta miope tracotanza. Già ci siamo ubriacati coi soldi delle pay tv, e sappiamo com'è andata. Solo gli stadi di proprietà daranno fondamenta solide ai bilanci delle società perché nessun tackle - a differenza di quanto può accadere ai calciatori - li metterà a rischio. La Juventus, dallo scorso settembre, gioca nell'impianto di proprietà: nella passata stagione ha incassato dallo stadio una trentina di milioni di euro. Cioè quasi metà dell'investimento cinese sull'Inter con la differenza che lo stadio frutta ogni anno 30 milioni, i soci cinesi chissà. Non serve più andare a lezione dai maestri inglesi, i maestri siamo noi. Juventus docet.
03/08/2012