Pechino, 11 mag.- La maniera migliore per celebrare i quattrocento anni dalla morte di Matteo Ricci? Un incontro "tra amici" avrebbe forse detto il gesuita che, primo tra gli occidentali, seppe farsi ponte tra le due culture: si è svolto oggi alla UIBE di Pechino (University of International Business and Economics), organizzato dall'Ambasciata d'Italia un simposio al quale hanno partecipato alcuni dei più importanti studiosi cinesi della figura del missionario marchigiano. "Mettere da parte i pregiudizi e cercare un retroterra comune: è quello che ha saputo fare Matteo Ricci fino al giorno della sua scomparsa -ha detto l'Ambasciatore d'Italia Riccardo Sessa nel discorso introduttivo- e sono convinto che tutt'oggi, al di là del desiderio di profitto, una delle molle che muove gli imprenditori cinesi e quelli stranieri a incontrarsi sia proprio la sfida del conoscersi. Li Madou, come lo chiamavano i cinesi, ha avuto un indubbio successo nello stabilire questo rapporto, nel fare incontrare cristianesimo e confucianesimo: per questo appartiene ancora al retaggio delle relazioni sino-italiane e delle relazioni sino-europee".Astronomo, matematico, cartografo, medico, filosofo e molto altro: gli studiosi che si sono alternati sul palco della UIBE hanno messo in luce i diversi aspetti del gesuita che giunse alla corte dei Ming nel 1601 dopo aver trascorso diversi anni tra Macao, Canton, Nanchang e Nanchino. Jacques de Boisséson della Camera di Commercio dell'Unione Europea in Cina, ad esempio, ha evidenziato le caratteristiche di Ricci che ancora oggi sono utili per fare business nel Paese di Mezzo: "Matteo Ricci era prudente, paziente, forte nella dialettica e 'giusto' nel senso confuciano. Era un uomo credibile, perché viveva effettivamente ciò che pensava e manifestava. Ma oltre ai successi è necessario sottolinearne anche i fallimenti; fu incapace di lasciare un'eredità – i gesuiti vennero espulsi dopo cento anni dalla sua missione-, agì principalmente da solo e puntò quasi esclusivamente alle elités. I suoi avversari, inoltre, furono in grado di utilizzare le scorciatoie che egli stesso aveva aperto nella sua dottrina per renderla più vicina ai cinesi. Le lezioni che ci impartisce sono numerose: saper ascoltare attentamente; essere coraggiosi; portare in Cina una tecnologia capace di aggiungere valore; stabilire delle vere relazioni di amicizia coi cinesi; ottenere un continuo sostegno da parte della casa madre in patria; adattare il proprio prodotto e le proprie idee al mercato locale e, soprattutto, amare la Cina". Il professor Ren Dayuan dell'Istituto di Studi di Cultura Cinese ha presentato una rassegna delle traduzioni delle opere di e su Matteo Ricci,dagli studi di matematica e geometria (nel 1607 tradusse insieme al matematico cinese Xu Guangqi i primi libri degli Elementi di Euclide) a quelli sui caratteri cinesi. "Ha ampliato gli orizzonti del popolo cinese – ha detto la professoressa Wang Suna del Dipartimen di Italiano dell'Università di Pechino, tra i massimi esperti di studi ricciani - ma è stato in grado di evidenziare alcune similitudini tra cristianesimo e confucianesimo. È stato criticato ed ha risposto alle critiche. Direi che la sua idea di amicizia era in linea con quella confuciana". "Matteo Ricci è stato il primo il più illustre dei miei predecessori –ha scherzato l'Ambasciatore dell'Unione Europea in Cina Serge Abou- e, come ex matematico, nel ripercorrere la sua storia mi viene in mente ciò che una volta mi disse un altro studioso a proposito di coloro che passano anni a studiare problemi che troveranno applicazioni pratiche solo dopo molto tempo. Si fa per l'onore della mente umana. Come credo abbia fatto Matteo Ricci". La cerimonia si è chiusa con una visita al cimitero di Zhalan dove Li Madou è sepolto; primo straniero non diplomatico ad essere seppellito nel suolo cinese.
di Antonio Talia