Il reddito di cittadinanza in Germania non lo vuole quasi più nessuno

La riforma 'Hartz IV', considerata un modello anche dal M5s, incassa sempre più critiche in patria. Come funziona? E come potrebbe cambiare?

Il reddito di cittadinanza in Germania non lo vuole quasi più nessuno

Andrea Nahles, leader dei socialdemocratici tedeschi, chiede che venga sostituito con un "sussidio per i cittadini". Anche il capo dei Verdi, Robert Habeck, vorrebbe riformarlo da cima a fondo. La Linke, il partito della sinistra, lo vuole abolire del tutto, introducendo al suo posto un reddito minimo di 1050 euro. Persino nella Cdu di Frau Merkel c'è anche chi riflette sulla possibilità di accettare delle modifiche, in qualche modo. Ebbene sì, in Germania il famigerato sussidio "Hartz IV" è praticamente alla sbarra: a quanto pare, così com'è, quella misura che viene presa a ispirazione dai Cinquestelle per il reddito di cittadinanza italiano - così ha detto il vicepremier Luigi Di Maio - non la vuole quasi più nessuno.

Cos'è lo Hartz IV?

Si tratta della più nota tra le riforme introdotte tra il 2003 e il 2005 dal governo del socialdemocratico Gerhard Schroeder: è un ammortizzatore sociale destinato a chi non ha un lavoro o comunque non dispone di un patrimonio sufficiente per mantenersi in modo autonomo, oppure ha un reddito inferiore al minimo vitale. Un assegno che in genere arriva a 416 euro al mese, ma che fa discutere e litigare il mondo politico tedesco da anni, soprattutto in casa Spd: in parte perché è legato all'obbligo ad accettare un lavoro o un percorso di formazione, pena l'eliminazione del sussidio oppure l'applicazione di sanzioni.

La critica che viene ripetuta più spesso è che l'Hartz IV - che oggi viene erogato a circa 6 milioni di persone - sarebbe lungi dall'essere efficace nel contrastare la disoccupazione, avendo invece fatto crescere in modo esponenziale il precariato. In pratica, la più celebre delle misure varate oltre 13 anni fa da Schroeder si sarebbe trasformata in una sorta di golem burocratico che tiene le persone inchiodate a vita ad una sequenza infinita di lavoretti senza prospettiva: i famigerati "mini jobs", quei micro-lavori part-time sempre più diffusi in Germania che a detta dei critici sono la realtà prevalente e per la maggior parte di quei 6 milioni di cui sopra.

E come potrebbe cambiare?

È anche per questo che oggi Nahles ne fa uno dei cavalli di battaglia per la campagna elettorale. Due giorni fa in un articolo pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, la leader dell'Spd ha proposto una riforma dell'Hartz IV in cui i criteri per l'erogazione dell'assegno siano ben più morbidi, eliminando in sostanza le sanzioni e riducendo notevolmente gli obblighi e le prestazioni imposte al beneficiario. Una proposta non del tutto dissimile da quella del verde Habeck, secondo cui la nuova "assicurazione di garanzia" - così la chiama lui - non pretenderà a chi ne usufruisce di doversi sottoporre per forza agli interrogatori dei cosiddetti "Job Center", più o meno l'equivalente dei nostri centri per l'impiego, così come anche la riqualificazione professionale dovrebbe diventare facoltativa. Stimolare alla ricerca di nuovo lavoro invece che punire, è il principio. Una specie di "Hartz dal volto umano", insomma. Un cambiamento che si rende necessario per rispondere ad una società "sempre più insicura", insiste Habeck.

Quest'ultimo sa di colpire un punto delicato nel dibattito pubblico in Germania. Non a caso è un tema sul quale i Verdi - attualmente i beniamini dei sondaggi, con risultati di oltre il 22% - sfidano i socialdemocratici: "Vediamo adesso se presenteranno una vera riforma alla Grosse Koalition", ha detto la capogruppo al Bundestag Katrin Goering-Eckardt. Dal canto suo, il capogruppo della Linke, Dietmar Barsch, chiede un consulto comune con Spd e Verdi per mettere nero su bianco un progetto nuovo di zecca al posto di Hartz IV.

Chi, invece, lo difende

È ovvio che non tutti la pensino allo stesso modo. Il capo dei liberali, Christian Lindner, attacca duramente Habeck affermando che "il leader dei Verdi vuole 30 milioni di euro in nuove tasse per darli a quelli che non vogliono lavorare". Per il presidente dell'Agenzia federale del lavoro, Detlef Scheele, è grazie alle riforme Schroeder che "dal 2007 il numero dei disoccupati di lungo termine è sceso del 40%". Per il cristiano-democratico Jens Spahn, uno dei candidati a succedere ad Angela Merkel alla guida della Cdu, "Hartz IV non significa povertà, ma è la risposta alla povertà".

Tutte le idee per una "riforma della riforma" vengono duramente osteggiate anche dal ministro al Lavoro, il fedele merkeliano Peter Altmeier, secondo cui "si tratta di proposte molto pericolose che danneggiano il futuro del Paese". Sull'altro fronte, il segretario generale della Spd, Lars Klingbeil, risponde accusando i cristiano-democratici di essere "insensatamente attaccati al passato: il mercato del lavoro dal 2003 a oggi è cambiato radicalmente, la digitalizzazione ci impone un nuovo welfare in grado di portare maggiore sicurezza alle persone in questi tempi di grandi cambiamenti".

Il dibattito è incandescente e certamente non terminerà qui. Anche perché la campagna elettorale potrebbe essere lunghissima: inizierà con le Europee del prossimo maggio, poi chissà. Dipenderà anche da chi sarà l'uomo o la donna che succederà ad Angela Merkel. Chiunque si trovi a raccoglierne il testimone, avrà tutti i giorni la parola "lavoro" sulle labbra. 



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