AGI - In forte calo la spesa dei turisti per beni di lusso in Giappone e in Europa: una tendenza che sta pesando non poco su un settore già alle prese con le ripercussioni dei dazi statunitensi.
Le vendite del secondo trimestre del colosso dei beni di lusso LVMH di Bernard Arnault, così come quelle di Prada e Moncler, hanno risentito della minore spesa dei turisti americani in Europa e dei turisti cinesi in Giappone.
Variazioni rispetto all'anno precedente
Lo scenario è diverso rispetto a solo un anno fa quando, approfittando della debolezza dello yen, ai minimi da 30 anni, i consumatori cinesi si diedero ad uno shopping sfrenato in Giappone. Allo stesso tempo, i turisti americani facevano incetta di merci preziose nelle boutique europee grazie al dollaro forte che rafforzava il loro potere d'acquisto all'estero. Ma questi venti favorevoli sono scomparsi con la ripresa dello yen e il calo del dollaro, che hanno di fatto eliminato un cuscinetto per il settore alle prese con la domanda contenuta negli Stati Uniti e in Cina, i due motori della crescita del lusso.
Impatto sulle vendite di LVMH
Cécile Cabanis, direttore finanziario di LVMH, ha citato i cambiamenti nelle abitudini di spesa dei turisti come la ragione principale del calo del 9% delle vendite organiche nel secondo trimestre della divisione moda e pelletteria, la più importante del gruppo. La spesa dei turisti americani ha subito un "forte rallentamento", ha dichiarato Cabanis al Financial Times aggiungendo che l'aumento della spesa dei residenti in Asia non è stato sufficiente a compensare il calo registrato da LVMH in Giappone. Altri numeri rispetto al secondo trimestre dello scorso anno quando le vendite in Giappone aumentarono del 57% per il gruppo che controlla Louis Vuitton e Dior e del 27% per Kering, proprietario di Gucci.
Performance di altri marchi del lusso
Secondo Moncler le vendite sono calate del 2% e anche Prada, del quale i turisti contribuiscono al 30% delle vendite globali, ha attribuito l'analogo calo delle vendite del primo semestre agli stessi fattori. Il dollaro statunitense ha perso oltre il 10% rispetto all'euro nella prima metà del 2025, poiché i timori di inflazione legati ai dazi imposti dal presidente americano Donald Trump hanno provocato una vendita massiccia di attività statunitensi. Ciò ha ridotto l'incentivo per i viaggiatori americani a vivere le loro fantasie alla "Emily in Paris" con spese folli nelle boutique di lusso del continente. Gli analisti di Citi hanno osservato che anche la svizzera Richemont, dove le vendite di gioielli di Cartier e Van Cleef & Arpels hanno sostenuto un altro trimestre di crescita a doppia cifra dei ricavi, sarà sotto pressione a causa della contrazione della spesa turistica in Giappone e in Europa nel corso del prossimo anno.
Prospettive e previsioni future
Intanto la fiducia dei consumatori cinesi, scossa dal calo del valore degli asset locali a seguito della pandemia, rimane bloccata ai minimi storici. E la domanda negli Stati Uniti, il più grande mercato del lusso in termini di vendite, appare fragile, poiché i dazi di Trump minacciano di innescare un'altra ondata di inflazione dei prezzi sui beni prodotti all'estero. Bernstein prevede un calo del 2% dei ricavi globali del settore del lusso nel 2025, ribaltando la sua precedente previsione di una crescita del 5% a causa dell'aumento della probabilità di una recessione globale. Secondo l'analista di Bernstein, Luca Solca, il calo degli acquisti dei turisti è legato a questioni più profonde che affliggono il settore, che ha approfittato di anni di domanda sostenuta aumentando i prezzi al di sopra dell'inflazione. "I consumatori di beni di lusso sono ancora alla ricerca di valore: i turisti cinesi non sono in Giappone perché vogliono vedere il Monte Fuji", ha affermato Solca. "Questo è un segnale indiretto che troppi marchi di lusso hanno applicato aumenti di prezzo eccessivi e che devono fare i compiti per attirare nuovamente i consumatori, in particolare la classe media".