AGI - La prossima legge di bilancio prenderà forma materialmente solamente in autunno, ma i temi principali di cui si occuperà appaiono già sostanzialmente tracciati: riduzione delle tasse per il ceto medio e l'aumento delle spese per la difesa. Sono dossier su cui si discute da mesi tra le forze politiche, e su cui si stanno confrontando i partiti di maggioranza.
Ci vuole però tempo per valutare il reale impatto dei dazi Usa al 15% sulle importazioni di beni dalla Ue: l'aumento delle tariffe potrebbe incidere in maniera significativa sul Made in Italy e in particolare sui comparti alimentare, vino e moda ma è ancora presto per capire in che misura. Per questo motivo, al momento il governo sembra intenzionato ad attendere le prossime trimestrali delle aziende e capire l'entità dei minori introiti.
La forte incertezza è legata alla guerra commerciale, ma anche ai conflitti in corso in Ucraina e Medio Oriente, e ha portato il governo a rivedere al ribasso le stime della crescita del Pil (+0,6% nel 2025) nell'ultimo Def. Tali previsioni sono comunque confermate, nonostante i dazi secondo i primi calcoli dovrebbero 'costare' 0,5 punti di Pil nel 2026.
La premier Giorgia Meloni ha ribadito più volte che, dopo il taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro operato con le ultime due manovre, ora la priorità del governo è ridurre la pressione fiscale sul ceto medio. Forza Italia da tempo propone di abbassare l'aliquota fiscale dal 35 al 33% per i redditi fino a 60mila euro.
La Lega chiede la rottamazione quinquies
La Lega invece chiede la pace fiscale, con la rottamazione quinquies delle cartelle esattoriali in 120 rate in 10 anni. Ma all'interno della maggioranza, c'è chi ritiene che probabilmente il perimetro della rottamazione sia troppo ampio e che vadano garantiti dei paletti per assicurare la sostenibilità finanziaria: tra le soluzioni suggerite, nessuna sanatoria per le mini cartelle sotto i mille euro e una rateizzazione meno lunga. Forza Italia inoltre punta poi a rendere strutturare l'Ires premiale. Il confronto proseguirà nelle prossime settimane.
Un altro capitolo riguarda l'aumento della spesa militare, dopo che in sede Nato è stata stabilita la crescita al 5% del Pil entro il 2035. Il governo punterebbe al 2% già da quest'anno. Attualmente la spesa per la difesa in Italia si attesta all'1,5% del Pil di cui - stima l'Upb - il 60% viene utilizzato per il personale. Un incremento che riguardi soprattutto gli armamenti - calcolano alcuni enti di ricerca - si attesterebbe attorno ai 3-4 miliardi annui. Si pensa anche alla possibilità di inserire nel calcolo di spesa anche altre voci di spesa relative alla sicurezza. C'è anche da segnalare la contrarietà delle opposizioni che chiedono di non sottrarre investimenti su sanità e istruzione per destinarli al riarmo.
A mediare tra le varie istanze il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che da tre anni guida i conti pubblici portando avanti il mantra della prudenza e della responsabilità. La linea del rigore ha incassato l'apprezzamento delle agenzie di rating, con Moody's e S&P che hanno rivisto al rialzo il loro giudizio.
Il peso del debito pubblico
Le risorse a disposizione pero' restano limitate, perché il debito pubblico è ancora un fardello molto pesante, si attesta poco sopra i 3 mila miliardi. A questo si aggiunge un livello ancora elevato di evasione fiscale, nonostante i 33,4 miliardi recuperati lo scorso anno. Con il magazzino fiscale pieno di crediti non più esigibili. A fine gennaio scorso la somma di tasse, contributi e multe non pagate è arrivata a 1.272,9 miliardi di euro, con l'aggravante che quasi la metà di questi crediti è solo virtuale. Secondo la Commissione incaricata dal Governo di analizzare il magazzino dei crediti fiscali, ben 537 miliardi sono ormai tecnicamente inesigibili.
I fondi del PNRR
Una spinta alla crescita potrebbe arrivare dall'ultimo anno del Pnrr e dall'accelerazione di spesa. Finora l'Italia ha ricevuto 120 miliardi e ne ha spesi quasi 80, con una maggiore rapidità di impiego negli ultimi mesi, manca l'incasso delle ultime 4 rate, ma si fa anche strada l'ipotesi che - in assenza di proroghe oltre la scadenza del 31 dicembre 2026 - possa non essere possibile impiegare tutti i 194,4 miliardi (122,6 miliardi in prestiti e 71,8 in sovvenzioni) assegnati all'Italia.
Dagli interventi nei tradizionali forum di dibattito economico-sociale di fine estate - il Meeting di Rimini e Cernobbio - potrebbero arrivare nuovi spunti di riflessione in vista del percorso della legge di bilancio.