AGI - Gli analisti amano inventare soprannomi per le tendenze dei mercati: l’ultimo è il “TACO trade”, che ora spopola nelle analisi finanziarie. Questo acronimo è stato coniato per la prima volta da un editorialista del Financial Times per descrivere la tendenza del presidente Donald Trump ad annunciare dazi elevati sui prodotti provenienti da altri Paesi per poi rinviare o ridurli poche ore o pochi giorni dopo. Sta infatti per “Trump Always Chickens Out” (Trump si tira sempre indietro). La dinamica di Taco è iniziata quando Trump ha annunciato dazi del 50% sui beni provenienti dall’Unione Europea a partire dal 1° giugno, provocando un crollo dei mercati. Ma poi il capo della Casa Bianca ha accettato di rinviarli al 9 luglio. L’accordo non è stato trovato e i negoziati proseguono, ma la tendenza azionaria è comunque al rialzo e, secondo gli analisti, questo perché i mercati si sono resi conto che l’amministrazione statunitense non ha una tolleranza molto alta nei confronti delle pressioni economiche e di mercato, e che sarà probabilmente pronta a fare marcia indietro quando i dazi causeranno danni. È questa, in poche parole, la teoria del Taco.
Justin Wolfer, economista e professore di economia e politica pubblica alla Ford School of Public Policy dell’Università del Michigan, sottolinea l’effetto caotico delle dichiarazioni politiche contraddittorie di Trump: “Prima non c’era il BACO trade, né il CACO trade, niente. Si dava sempre per scontato che quando il presidente parlava il lunedì, probabilmente avrebbe mantenuto la sua posizione anche il martedì. Ora non è più così”. Secondo Neil Wilson, stratega degli investimenti britannico per Saxo Markets, stiamo assistendo al realizzarsi di Taco. “Ci guida verso il disastro e poi, all’ultimo minuto, ci allontana dal disastro e dice: ‘Guardate, vi ho salvati’”, ha detto alla CNN Michael Block, stratega di mercato di Third Seven Capital.
La cronaca degli ultimi giorni vede appunto Wall Street chiudere in ribasso dopo che Trump ha inviato lettere al Giappone, alla Corea del Sud e a una dozzina di altri Paesi imponendo dazi che entreranno in vigore il 1° agosto. Ma il sell-off non è stato drammatico. Si è trattato di un modesto (e probabilmente tardivo) calo rispetto ai massimi storici. E anzi i mercati non hanno quasi reagito quando Trump ha promesso di imporre un dazio del 50% sul rame, ne ha ipotizzato uno fino al 200% sui prodotti farmaceutici e ne ha promesso un altro del 10% su Brasile, Cina, India, Russia e altri membri del club economico BRICS.
Parola agli analisti
“Alla fine dei conti, nessuno prevede davvero che la maggior parte di questi dazi entrerà in vigore. Il commercio TACO è ancora quello che il mercato si aspetta”, ha affermato Ed Mills, analista politico di Raymond James a Washington. Tuttavia, la logica commerciale TACO di Wall Street potrebbe presentare una falla. Se gli investitori scommettono in massa che Trump farà marcia indietro, ciò significa che non ci sarà alcun panico sui mercati. E nessun panico sui mercati significa che nessuno sta mettendo Trump alle strette, spingendolo ad abbandonare politiche che potrebbero danneggiare l’economia e i profitti delle aziende. “È un gioco pericoloso quando si ha bisogno della reazione del mercato per ottenere un cambiamento di politica”, ha affermato Mills.
Per Kasper Elmgreen, chief investment officer per le azioni e il reddito fisso presso Nordea Asset Management, “stiamo assistendo al più grande aumento dei dazi doganali che si ricordi, ma si sta assumendo una posizione molto rilassata su ciò che potrebbe accadere”, ha affermato Elmgreen. “Mi preoccupa – ha aggiunto – la mancanza di preoccupazione”. Secondo altri analisti, c’è infatti il rischio che Trump possa sentirsi incoraggiato ad adottare misure tariffarie più severe del previsto e a proseguire la sua politica aggressiva. Il paradosso è ulteriormente complicato dal fatto che lo stesso Trump è a conoscenza dell’effetto Taco. E non gli piace affatto che questo acronimo sia entrato ormai nel lessico degli analisti. Lo dimostra la sua reazione rabbiosa alla domanda di un giornalista a tal riguardo: “Si chiama negoziazione”, ha ribattuto il presidente Usa e poi, rivolto al giornalista, ha tagliato corto: “Non dire mai più quello che hai detto. È una domanda sgradevole”.