(AGI) - Torino, 17 mag - "Qual e' la differenza tra undirigente di A2A e uno statale? Il primo sa che ogni giornodeve impegnarsi e anche lottare per mantenere il posto dilavoro. Invece nel settore pubblico quando si vince un concorsosubentra l'idea di stabilita', per cui il posto e' garantito aprescindere dai risultati": caustico ma pacato e costruttivoGiovanni Valotti, prorettore dell'Universita' Bocconi, doveinsegna management pubblico, e presidente di A2A, l'aziendaenergetica e ambientale lombarda controllata dai Comuni diMilano e Brescia, quotata in Borsa. Per Valotti, che e' statointervistato al Salone del libro nello stand dell'AGI, "Itecnici della aziende crescono e fanno carriera anche nellamisura in cui conoscono e valorizzano le persone. Quellipubblici sono piu' esperti in diritto e procedure. Per dirlacon una battuta sono troppo impegnati nel motivare gli attipiuttosto che altro". Citando l'episodio di una causa di lavoroaggiornata dal tribunale all'aprile del 2017, costringendol'interessato ad attendere per ventiquattro mesi la sentenza ela societa' citata a tenere accantonato per due anni il fondorischi, Valotti ha osservato che "i dirigenti pubblici nonhanno il senso economico del tempo: spesso per loro se unaprocedura dura sei giorni o sei mesi non ha importanza, bastache sia corretta dal punto di vista formale...". Un grande problema e' quello della selezione dei dirigenti,centrale nel libro "I manager pubblici che vogliamo", EdizioniCorriere della Sera, che Valotti ha commentato a Torino: e'dunque necessario ''attivare processi di selezione piu'discrezionale nella scelta del management pubblico, anche senon si puo' mettere la dirigenza in balia della politica con lospoil-system, se poi la politica non risponde del risultato,ne' viceversa lasciare la politica in mano alletecnostrutture''. Ma quali sono i criteri giusti per laselezione dei dirigenti che vigono nel settore privato edovrebbe estendersi a quello pubblico? Valotti ha rimarcatol'importanza della responsabilita' e quindi anche dellarimovibilita' dei dirigenti - "negli ultimi sei mesi in A2Aabbiamo allontanato dieci dirigenti e ne abbiamo assunto settenuovi" - ma ha soprattutto sottolineato i metodi diversi delreclutamento. "Ci siamo avvalsi di una delle tre principalisocieta' di cacciatori di teste del mondo, abbiamo visto unalong-list di candidati, divenuta poi short-list, abbiamo lettocurricula e fatto colloqui? Un ruolo essenziale lo hanno, inquesti casi, nel privato, le referenze, che sono approfondite eimpegnano chi le firma, mentre nelle selezioni pubbliche tuttisono impegnati a sterilizzare la scelta dalle referenze chesono considerate alla stregua di deteriori raccomandazioni". "Le imprese si fanno la guerra per avere i miglioridirigenti, mentre nel pubblico si attende che i dirigentiarrivino, magari dopo avere "studiato" per il concorso", haosservato Valotti. "Ma spesso, il fatto in se' di studiare peril concorso dimostra che il candidato ha delle cose da imparareper andare a occupare quel posto dirigenziale, mentre dovrebbepoterlo conquistare in virtu' di quel che gia' sa e che ha gia'dimostrato". Insomma, i paradigmi e le logiche applicati nelpubblico e nel privato sono talmente diversi che si rischia dinon riuscire a trovare una conciliazione neppure con lemigliori intenzioni..."Fra i tremila dirigenti attualmente inservizio nei ministeri", ha detto ancora Valotti, "l'eta' mediae' di oltre 50 anni con 20 anni di servizio. Molte sono ledonne, unico dato positivo - ma spesso solo perche' riescono astudiare di piu' e superare piu' brillantemente le prove diconcorso, il che non implica che siano poi all'altezza delcompito". Il docente ha poi toccato un altro tema caldo, quellodei "tetti" di retribuzione che vigono nel settore pubblico:"Ci sono forti differenze retributive col privato e anche tracomparti diversi del pubblico, ma manca quasi sempre", hastigmatizzato, "il collegamento tra la retribuzione e irisultati. Il 95 per cento dei dirigenti pubblici, infatti,prende interamente la quota di stipendio teoricamente variabilein quanto legata al risultato...Quanto alla competitivita' delpubblico sul mercato dei talenti, e' chiaro che quel tetto e'un handicap. Ad A2A abbiamo appena assunto un direttorefinanziario scegliendolo tra i piu' bravi del mercato che conle regole pubbliche non ci saremmo mai potuti permettere". La selezione dei talenti non e' pero' un problemacircoscritto al mondo pubblico, secondo Giovanni Valotti: "Ioda economista liberista devo pero' riconoscere i limiti delmercato Secondo una ricerca della London School of economics su2500 piccole e medie imprese italiane, il 70% dei lorodirigenti e' selezionato tra persone legate per famigliaall'imprenditore fondatore, non a caso spesso queste aziende sifermano alla terza generazione". "Io non ho il mitodell'impresa privata", ha aggiunto Valotti, "ma in A2A dove il45% del capitale e' flottante prima di assumere una decisionedevo pensare che ne rispondero' al mercato". Tornando, infine,al tema della gestione della diversita' nel mondo del lavoro,Valotti ha detto che questo e' un tema sul quale le impreseprivate dovrebbero imparare dal pubblico: "Nelle organizzazionicomplesse lavorano persone di orientamenti e generi diversi ele migliori organizzazioni sono quelle che sanno valorizzaretutti. Le imprese migliori sono quelle che mettono le donnecapaci in grado di fare carriera anche facendo figli. Laparita' di genere sara' raggiunta quando saremo riusciti aeliminare le quote rosa. Il pubblico ha discriminato meno delprivato e ha oggi la fortuna di avere un mix di genere maggioredel privato. Ma se questo percorso non si compira' nel rispettodella meritocrazia rischieremo di affiancare donne inadeguateal ruolo ad altrettanti uomini altrettanto inadeguati. Seinvece il merito prevarra', certamente supereremo anche ilproblema del genere". (AGI).