La forbice tra ricchi e poveri è sempre più larga. Un rapporto
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La forbice tra ricchi e poveri è sempre più larga. Un rapporto

La forbice tra ricchi e poveri è sempre più larga. Un rapporto

povertà poveri povero povera 
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I dati chiave del rapporto

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  • L’82% dell’incremento della ricchezza globale registrato nel 2017 è stato appannaggio dell’1% della popolazione più ricco, mentre il 50% più povero della popolazione mondiale non ha beneficiato di alcuna porzione di tale incremento.
  • L’1% più ricco della popolazione continua a detenere più ricchezza del restante 99%.
  • A metà del 2017 in Italia, l’1% più ricco possedeva il 21,5% della ricchezza nazionale netta. Una quota che sale a quasi il 40% per il 5% più ricco dei nostri connazionali.
  • Due terzi della ricchezza dei più facoltosi miliardari del mondo sono ereditati o frutto di rendita monopolistica ovvero il risultato di rapporti clientelari.
  • Nei prossimi 20 anni le 500 persone più ricche del pianeta lasceranno ai propri eredi oltre 2.400 miliardi di dollari, un ammontare superiore al Pil dell’India uno dei Paesi più popolosi del pianeta con 1,3 miliardi di abitanti.
  • Tra il 1995 e il 2016 il numero di persone che vivevano in estrema povertà con meno di 1,90 dollari al giorno si è dimezzato, eppure ancora oggi più di metà della popolazione mondiale vive con un reddito insufficiente che oscilla tra i 2 e i 10 dollari al giorno.
  • 7 cittadini su 10 vivono in un Paese in cui la disuguaglianza di reddito è aumentata negli ultimi 30 anni.
  • Nel 2016 l’Italia occupava la ventesima posizione (su 28) in UE per il livello di disuguaglianza nei redditi individuali.
  • Nel 2015 il 20% più povero (in termini di reddito) dei nostri connazionali disponeva solo del 6,3% del reddito nazionale equivalente contro il 40% posseduto dal 20% più ricco.
  • Nel 2016 erano 40 milioni le persone “schiavizzate” nel mercato del lavoro, tra cui 4 milioni di bambini.
  • Solo nel 2016, le 50 più grandi corporation mondiali hanno impiegato lungo le proprie filiere produttive una ‘forza lavoro di 116 milioni di invisibili’, il 94% della loro forza lavoro complessiva.
  • A livello globale si stima che nel 2017 erano 1,4 miliardi le persone impiegate in lavori precari, oltre il 40% degli occupati totali.
  • Quasi il 43% dei giovani in età lavorativa a livello globale risulta disoccupato o occupato ma a rischio di povertà. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile (18-24 anni) a novembre 2017 era del 32,7%.
  • A livello globale le donne subiscono in media un divario retributivo del 23% ed hanno un tasso di partecipazione al mercato del lavoro del 26% più basso rispetto agli uomini. Persino tra i ricchi si registra una sostanziale disparità di genere, 9 su 10 miliardari sono uomini.
  • L’Italia si è collocata all’82 posto su 144 Paesi esaminati dal World Economic Forum per il suo Global Gender Gap Index 2017. Per l’uguaglianza retributiva di genere (a parità di mansione) l’Italia si è collocata in 126esima posizione.
  • Nel 2016 tra i lavoratori dipendenti in Italia le donne prevalevano solo nel profilo di impiegato. Le donne rappresentavano appena il 28,4% dei profili dirigenziali nazionali.
  • Un AD di una delle 5 principali compagnie del settore dell’abbigliamento guadagna in 4 giorni ciò che una lavoratrice della filiera di produzione in Bangladesh guadagna nella sua intera vita lavorativa.

Le dimensioni della disuguaglianza

I miliardari non sono mai cresciuti così tanto

Lavoro sempre più pericoloso e precario

Il dividendo paga più del lavoro

Che fare?

  • Politiche predistributive: incentivi a modelli imprenditoriali che adottano politiche di maggiore equità retributiva e mantengono livelli salariali dignitosi; tetto agli stipendi dei manager (così che il divario retributivo non superi mai il rapporto 20:1); eliminazione del divario retributivo di genere; promozione di salari dignitosi superiori al salario minimo (spesso non commisurato al reale costo della vita); protezione dei diritti dei lavoratori specialmente delle categorie più vulnerabili: lavoratori domestici, migranti e del settore informale e, in particolare, del loro diritto di associazione sindacale.
  • Politiche distributive: incremento della spesa pubblica per i servizi essenziali e per la sicurezza sociale; regolamentazione degli operatori privati nei settori educativo e sanitario (per scongiurare il pericolo che i più poveri siano esclusi da un equo accesso a tali servizi), politiche fiscali nazionali votate ad una maggiore equità e progressività, riforma fiscale internazionale per contrastare la deleteria corsa globale al ribasso in materia di tassazione d’impresa, messa al bando dei paradisi fiscali.
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