Titolo sospeso a tempo indeterminato, sequestri e misure cautelari per i vertici aziendali. La favola di Bio-On, l’ex startup considerata tra le aziende innovative più promettenti in Italia nel settore della bioplastica, è finita nel peggiore dei modi possibili. La Guardia di finanza ha sequestrato 150 i milioni e disposto misure cautelari per tre persone, mettendo ai domiciliari il fondatore e presidente Marco Astorri.
Adesso 100 dipendenti rischiano di restare a casa, mentre i piccoli risparmiatori hanno avuto perdite pari a 400 milioni. Tutti piccoli e piccolissimi investitori che hanno continuato a credere nella rivoluzione verde delle bioplastiche bolognesi visto che, come sottolinea oggi il Sole24Ore, investitori istituzionali e Pir (piani individuali di risparmio) avevano nel frattempo già disinvestito nella società.
Breve storia della vicenda Quintessential-BioOn
È successo tutto in una manciata di mesi. A fine luglio Quintessential Capital Management, un fondo americano gestito da Gabriel Grego, pubblica un report il cui titolo non lascia adito a dubbi. "Bio-On: una Parmalat a Bologna?" 25 pagine di analisi che mettono sotto tiro contabilità, modello produttivo, fondatezza della tecnologia alla base della società. Quintessential è un fondo speculativo piuttosto noto nel mondo della finanza perché ha già fatto le pulci, con discreto successo, a una decina di società al punto che molte di queste hanno poi chiuso.
I documenti di Quintessential raccontavano come la società avrebbe nel tempo gonfiato i bilanci con crediti in buona parte derivanti da società controllate, probabilmente inesigibili. Ma puntavano anche il faro sul prodotto, definito “obsoleto e noto da almeno 100 anni” nonché sui costi di produzione, ‘inspiegabilmente’ superiori fino a 15 volte rispetto alle principali società concorrenti (qui una sintesi delle accuse di Quintessential).
Il crollo del titolo Bio-On
Il giorno successivo della pubblicazione del report, il titolo di Bio-On crolla a piazza Affari. Perde il 70% e passa da 50 a 15 euro. È l’inizio del tracollo. La società prova a difendersi, risponde punto su punto al fondo americano, e arriva a denunciarlo ai carabinieri. Si affida alla procura. Il titolo prova un rimbalzo nei giorni successivi, ma dura poco. Un mese dopo la procura di Bologna comincia ad indagare.
L’inchiesta viene nominata Plastic Bubble, "bolla di plastica", a richiamare il prodotto della società, bio plastica, e forse la possibilità che dietro ci sia solo una grossa bolla speculativa. All’alba del 23 ottobre arrivano le misure cautelari con l’accusa di falso in bilancio e manipolazione di mercato. E tutto ciò che ne è conseguito, fino alla sospensione del titolo.
La favola di Bio-On, e il crack da un miliardo
Bio-On ha rappresentato per anni una favola nel mondo dell’innovazione in Italia. Molti cominciarono a credere che si trattasse del secondo unicorno italiano, società ad alto contenuto tecnologico capace di raggiungere nel 2018 un valore di un miliardo di euro (la prima ad averlo fatto è Yoox).
Quotata all’Aim, il settore delle piccole imprese a grande potenziale, dal 2014 a qualche mese fa ha battuto record su record. Da un prezzo di 5 euro ad azione è arrivata a valerne 58. Nel 2018 il punto più alto, quando sfonda il tetto di un miliardo di capitalizzazione, raccoglie soldi, molti soldi, dai piccoli investitori e dagli investitori istituzionali. Attira anche BlackRock, uno dei più grossi fondi di investimento al mondo.
I bilanci segnano record su record. I risparmiatori ci credono. Poi la doccia fredda, anche se in uno degli ultimi comunicati della società, datato primo ottobre, il consiglio di amministrazione aveva annunciato che sarebbe stato imminente il passaggio dal settore Aim, quello delle piccole aziende ad alto potenziale, al settore Star, le medie imprese con capitalizzazione fino a un miliardo.
Un sistema incentrato sulla comunicazione
L’accusa principale di Quintessential è di aver gonfiato i bilanci attraverso un sistema di controllate a cui la società vendeva tecnologie, mentre il prodotto non faceva i progressi promessi. E secondo il fondo mai li avrebbe fatti. La produzione di bioplastica rimaneva bassa, troppo bassa per le aspettative create sul mercato, e agli investitori.
Le stesse accuse oggi vengono mosse dalla Guardia di Finanza e dalla Procura. Bio-On lavorava soprattutto con la comunicazione, dice il gip nell’ordinanza. Facendo leva sull’eccellenza italiana, sulla promessa di una tecnologia green per produrre plastica, su un mondo più pulito: una comunicazione “roboante, ammiccante, ottimisticamente proiettata”, si legge nei documenti. La comunicazione. Un peccato che da anni accomuna diversi attori dell’innovazione, imprenditori e non, di tanto in tanto colpiti da scandali piccoli e grandi.