La Fed è più ottimista, ma i mercati la bocciano
La banca centrale teme di alimentare una 'bolla' ed evita di aprire i cordoni della borsa deludendo le aspettative degli investitori

© MANDEL NGAN / AFP
- Jerome Powell, Fed
La Fed è più ottimista sull'economia Usa e per almeno tre anni s'impegna a tenere bassi i tassi. Tuttavia, in assenza di nuovi stimoli da parte del Congresso e del governo Usa teme di alimentare una 'bolla finanziaria' ed evita di aprire i cordoni della borsa. E, per questo, i mercati la bocciano. Insomma, le scelte monetarie accomodanti ai marcati non bastano, le danno per scontate. Gli investitori vogliono più liquidità e la Fed non li accontenta. Per questo ieri a Wall Street solo il Dow Jones ha chiuso in positivo, mentre il Nasdaq ha ripiegato dell'1,25%, trascinando in ribasso dello 0,43% lo S&P. Oggi a New Yorkgli indici mantengono il pollice verso e contagiano in negativo le Borse asiatiche e quelle europee. A Milano l'indice Mibtel ha chiuso in calo dlelo 0,87%. In compenso si risveglia il biglietto verde, che avanza su tutte le altre valute, confermando la regola secondo la quale, quando le Borse hanno il mal di pancia, il dollaro va in direzione opposta e si rafforza.
La Fed ostacola l'aumento dei tassi
Ieri sera la Fed ha confermato la decisione già annunciata a fine agosto da Jerome Powell a Jackson Hole, ribadendo che manterrà i tassi fermi all'attuale bassissimo livello almeno fino alla fine del 2023. La certificazione del cambio di rotta sull'inflazione segna un momento storico. Non più un target del 2% ma un obiettivo medio. L'attenzione della Fed si sposta dunque sull'altro mandato della banca centrale statunitense, quello della massima occupazione. In base a questa nuova strategia di politica monetaria, come nota Powell, la Federal Reserve resterà "altamente accomodante fino a quando l'economia non sarà in ripresa". In pratica, il numero uno della banca centrale americana riconosce che l'economia statunitense è ripartita in modo "più veloce" di quanto previsto all'inizio della crisi del coronavirus, ma la ripresa è ancora lontana dall'essere completa e il suo "ritmo è fortemente incerto". Lo dimostrano le nuove stime sul Pil, più ottimistiche rispetto a qualche mese fa, ma ancora preoccupanti. Secondo l'istituto centrale Usa l'economia a stelle e strisce si contrarrà quest'anno del 3,7%, contro il 6,5% previsto a giugno, e la disoccupazione si attesterà al 7,6% a fine anno contro la precedente stima del 9,3%. Tutto abbastanza bene dunque, ma ai mercati non basta.
La Fed teme una 'bolla speculativa' e non dà nuovi stimoli
Per capire il malumore dei mercati basta guardare alle cifre del bilancio della Fed, che da luglio, cioè da tre mesi, è fermo a 7.000 miliardi di dollari. "La Fed ieri ha migliorato un po' l'outlook - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim - anche la Bce lo ha fatto, lo stanno facendo un po' tutti, perché il terzo trimestre sta andando meglio del previsto, per cui il 2020 si chiuderà un po' meglio. Il problema è che da tre mesi la Fed, dopo aver contribuito in maniera decisiva al ciclopico aumento su scala globale della liquidità per contrastare la pandemia, non sta aumentando il suo bilancio, non immette altra liquidità. In questi mesi i mercati sono andati avanti per inerzia, ora però la discesa è finita e per le Borse è iniziata la salita. Wall Street, se vuole continuare ad andare avanti, deve riaccendere il motore. Per questo i mercati hanno chiesto benzina, cioè volevano che la Fed mettesse altri soldi, o meglio che comprasse più Treasury e più corporate bond. Questo però non è avvenuto". Il motivo? "L'inflazione - spiega Cesarano - cioè i prezzi di beni e servizi non sono aumentati, in compenso sui mercati si è creata un'inflazione del valore degli asset, cioè le Borse sono salite e i prezzi delle azioni e dei prodotti finanziari si sono gonfiati. Insomma, si è creata una bolla finanziaria. Powell ieri l'ha ricordato e ha detto: stiamo monitorando questa inflazione 'azionaria'. E ha aggiunto che, per non alimentarla, la Fed sta ora aspettando che arrivino gli stimoli del governo, che sono aiuti economici, non stimoli finanziari come quelli che può dare la Fed. Tuttavia al Congresso, democratici e repubblicani stanno litigando, sono in stallo, non riescono a varare i nuovi aiuti all'economia. E allora la Fed ha deciso di fermarsi, non stampa più moneta, ha congelato il bilancio. In altre parole non si fida ad andare avanti da sola, accollandosi la responsabilità di incrementare la bolla finanziaria. La Fed ieri non ha detto la parola magica che si aspettavano i mercati e cioè: "Ready to act", "Siamo pronti ad agire". Ha usato formule più blande, ha sostanzialmente detto che resta alla finestra. A questo punto: se le forze politiche riuscissero ad approvare un piano di aiuti sarebbe diverso, la Fed finanzierebbe una manovra espansiva del governo. Ma questo non sta accadendo e allora la Fed preferisce stare ferma. Il rischio è che con questo stallo prolungato gli Stati Uniti entreranno in un ottobre difficile. Tanto più che Cina e Usa sono ai ferri corti e che la prossima settimana scade l'ultimatum all'Iran. Insomma, andiamo verso un mese complicato: le tensioni geopolitiche non piacciono ai mercati e poi c'è l'incertezza delle presidenziali Usa di novembre. Se in questo clima il Congresso resta in stallo e la Fed non si muove, la liquidità verrà a mancare ed è facile prevedere che i mercati continueranno a peggiorare".