(AGI) - Taranto, 30 apr. - Emilio Riva, patron dell'Ilva, e'morto la notte scorsa nella sua abitazione di Malnate, inLombardia. Riva aveva 89 anni ed era ammalato di cancro damolto tempo. Le sue condizioni erano peggiorate negli ultimimesi. Riva aveva acquistato l'Ilva dall'Iri nel maggio del1995. Dell'Ilva era stato presidente per un certo numero dianni, carica poi trasferita al figlio Nicola. E' stato anchepresidente di Riva Fire, la capogruppo di famiglia. Emilio Rivaera uno dei 53 imputati per i quali la Procura di Taranto hachiesto al gup Wilma Gilli il rinvio a giudizio con l'accusa diassociazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale.Il processo comincera' il 19 giugno prossimo. L'accusascaturisce dalle conclusioni dell'inchiesta giudiziaria"Ambiente Svenduto" della Procura di Taranto che il 26 lugliodel 2012 aveva portato al sequestro senza facolta' d'uso degliimpianti dell'area a caldo del siderurgico e all'arresto aidomiciliari dello stesso Emilio Riva insieme ad altre persone.Riva e' stato agli arresti domiciliari per un anno, sino alluglio scorso. Con lui, sempre per la stessa accusa, anche ilfiglio Nicola mentre per un altro figlio, Fabio, vicepresidente del gruppo, si attende l'esito del ricorso diappello contro il verdetto favorevole all'estradizionepronunciato dalla Magistratura inglese nei mesi scorsi.FabioRiva, infatti, e' colpito da un'ordinanza di custodia cautelarein carcere per le vicende di Taranto, ordinanza pero' noneseguita a novembre del 2012 in quanto l'imprenditore non futrovato e solo in seguito rintracciato a Londra. Il rapportotra Emilio Riva e la realta' di Taranto e' stato sempredifficile. L'esordio nel 1995 fu caratterizzato da un asproscontro perche' Riva, all'atto dell'insediamento alsiderurgico, ruppe le relazioni con i sindacati, che fino adallora avevano trattato con le Partecipazioni Statali, essendol'Ilva di proprieta' dell'Iri, e diede un giro di vite ancheagli appalti esterni. Per Riva, infatti, bisognava dare untaglio netto rispetto al passato in quanto l'imprenditorevedeva nel sistema tarantino elementi negativi. Per lui,infatti, i sindacati e azienda pubblica avevano alimentato ilconsociativismo mentre le imprese locali ritenevano l'Ilva unarealta' da cui si dovessero avere gli appalti a prescindere dalmerito e dagli elementi di mercato. Aspetti, questi, che perEmilio Riva contrastavano con la sua visione di aziendaprivata. E da allora il rapporto tra Riva, l'Ilva e la citta'e' stato un continuo alternarsi tra fasi di tregua e fasi dicontrasto. Come prova anche la vicenda della palazzina Laf, illuogo dove Riva fece "confinare" un gruppo di lavoratori cheriteneva troppo sindacalizzati. Lavoratori pagati regolarmentedall'azienda ma senza lavorare: per questa vicenda Riva verra'poi condannato. In quegli anni la gestione dello stabilimentodi Taranto era affidata, oltreche' ad Emilio, ad uno dei suoifigli, Claudio, che in seguito uscira' di scena. Nei primi anni2000 la Regione Puglia provo' a recuperare il rapporto con Rivaattraverso gli atti di intesa finalizzati alla salvaguardia eal risanamento del complesso di Taranto, che gia' nel primodecennio del 2000 evidenziava una serie di problematicheambientali. Fu in particolare la giunta regionale presiedutadall'allora governatore Raffaele Fitto a stipulare questiaccordi, che pero', come ha denunciato anche il gip di Taranto,Patrizia Todisco, nei provvedimenti per l'inchiesta "AmbienteSvenduto" sono tutti rimasti sulla carta. Buona parte del primodecennio del 2000 e' stato anche il periodo in cui l'Ilva hamacinato record di produzione e anche utili consistenti per lafamiglia Riva. Di qui anche l'accusa dei magistrati tarantiniai Riva di non aver investito parte dei loro ingenti profittinella bonifica di Taranto. I Riva, pur restando proprietaridell'Ilva, erano usciti di scena dalla guida dell'azienda, nelsenso che non avevano piu' cariche societarie, ai primi diluglio 2012, poco prima che scoppiasse l'inchiesta giudiziaria.La presidenza dell'Ilva fu infatti trasferita da uno dei figlidi Emilio Riva, Nicola, all'ex prefetto di Milano, BrunoFerrante, amico personale dell'imprenditore lombardo. Ferrantesi dimettera' dall'incarico a fine maggio 2013 quando il gip diTaranto ordinera' il sequestro di 8 miliardi e 100 milioni dieuro sui beni e sui conti del gruppo Riva - escluso ilsiderurgico di Taranto - valutando che questa sia la mancataspesa, in termini di ambientalizzazione della fabbricapugliese, da parte della proprieta'. Un sequestro preventivoper equivalente che poi la Corte di Cassazione annullera' neldicembre scorso. L'Ilva e' attualmente commissariata e ildecreto del Governo, poi convertito in legge, risale a giugnoscorso. Commissario dell'Ilva e' Enrico Bondi, che Riva adaprile 2013, su suggerimento di Ferrante, aveva scelto comeamministratore delegato. Come Ferrante e tutto il board, ancheBondi si dimettera' da ad dell'Ilva a fine maggio dopo ilsequestro del gip, ma il Governo lo nominera' commissariodell'azienda alcuni giorni dopo. A Emilio Riva e alla famigliaRiva, il commissario Bondi si sarebbe dovuto rivolgereprossimamente per chiedere se, sulla base del piano industrialedell'Ilva, avrebbero sottoscritto o meno l'aumento di capitaledella societa'. Adesso morto Emilio e all'estero, in attesa digiudizio Fabio, la famiglia e' rappresentata dagli altri figlidi Emilio: Nicola, che e' tra i 53 per i quali la Procura hachiesto il rinvio a giudizio, Claudio e Daniele.(AGI)