(AGI) - Milano, 14 mar. - In semiliberta' ormai da 5 anni perandare a lavorare di giorno in un'azienda del milanese erientrare nel carcere di Opera la sera, Pietro Maso tra un mese(il 15 aprile) diventera' a tutti gli effetti un uomo libero.Alle spalle si lascera' 22 anni di carcere dei 30 a cui erastato condannato per l'omicidio, il 17 aprile 1991 nella suacasa di Montecchio di Crosara in provincia di Verona, deigenitori: Antonio Maso (56 anni) e Mariarosa Tessari (48).L'omicidio a suo tempo fece molto scalpore proprio per laferocia del gesto, la premeditazione e l'assenza dimotivazioni. O meglio proprio per le motivazioni: semplicementeintascare l'eredita'. Il delitto era stato pianificato da tempo, ed era statopreceduto da ben tre tentativi falliti. Ma nulla facevapresupporre quanto accaduto quella sera di aprile, quandoPietro Maso, che non aveva problemi psicologici e neanche unrapporto particolarmente tormentato con i genitori, limassacra, con l'aiuto di tre complici, Giorgio Carbognin, PaoloCavazza (entrambi diciottenni), e Damiano Burato (all'epocaancora minorenne). La situazione precipita quando Giorgio, cheaveva ottenuto un prestito in banca di 24 milioni di lire percomprarsi un'auto, decide di sperperare quel gruzzolettoinsieme a Pietro, per fare la bella vita. Al momento dellarestituzione, Pietro, allora, decide di staccare un assegno delconto intestato alla madre, imitandone la firma e consegnandocosi' 25 milioni all'amico. Il delitto deve quindi essere messoin atto prima che la signora Rosa si accorga dell'ammanco.Avviene nella notte tra 17 e il 18 aprile 1991. Quella seraMaso, Carbognin, Cavazza e Burato si ritrovano in un bar diMontecchia. Un loro amico, Michele, e' informato del progettoaffinche' ne prenda parte, ma crede che i quattro ragazzistiano scherzando, e li riaccompagna a casa. Poco dopo le 23, arrivano genitori di Pietro, entrano conl'auto dal garage. Antonio accende la luce ma si accorge chemanca la corrente. Cosi' sale le scale per raggiungere, alprimo piano, il contatore. Arrivato in cucina, viene subitocolpito dal figlio, armato di un tubo di ferro. Damiano locolpisce a sua volta con una pentola. Poco dopo arrivaMariarosa e viene aggredita da Paolo e Giorgio, armatirispettivamente di un bloccasterzo e un'altra pentola. La madredi Pietro non muore sul colpo. Ed e' il figlio che intervieneper 'finirla': cerca di soffocarla mettendole in gola delcotone e chiudendole la faccia in un sacchetto di nylon. Nelfrattempo Paolo si accanisce contro Antonio Maso premendogli ilpiede sulla gola. Questo finche' i due non muoiono. Poi Pietroe Giorgio, per crearsi un alibi, se ne vanno in discoteca.Quando rientra da l'allarme. La prima pista e' un delitto ascopo di rapina. Ma presto l'atteggiamento 'tranquillo' delgiovane insospettisce gli investigatori. E poi c'e' la storiadell'assegno. Una delle sorelle, Laura si accorge dell'uscitadi 25 milioni dal conto della madre e trova, lo stesso giorno,la firma falsa di Rosa Tessari e la scritta della cifra peresteso sulla rubrica telefonica di casa. Pietro viene messosotto torchio e dopo due giorni confessa tutto. Dopo di lui,anche i tre amici. Tutti vengono arrestati per omicidiovolontario, accusa che a chiusura d'istruttoria diventera'duplice omicidio volontario premeditato pluriaggravato. Lasentenza viene emessa nel 92 e successivamente confermata dallaCorte di cassazione: a Pietro Maso vengono dati 30 anni e 2mesi di reclusione. Cavazza e Carbognin a 26 anni. MentreBurato, non ancora diciottenne, viene condannato a 13 anni. La perizia psichiatrica sanci' la sanita' mentale per tuttigli imputati. Nulla lasciava presupporre nella vita del giovaneMaso, ultimo di tre fratelli, la 'ferocia' di quell'omicidio.Questo almeno fino a circa un anno prima del delitto, quandodiciannovenne, lascia gli studi di agraria, fa dei lavorettisaltuari e insoddisfacenti, che lascia presto per dedicarsialle uscite serali, al divertimento nei locali notturni e algioco d'azzardo. I precedenti tentativi, scoperti casualmentedalla signora Tessari, la insospettirono ma solo al punto dafarle chiedere spiegazioni al figlio. Certo mai avrebbe pensatoche stava premeditando di fare fuori lei e suo marito. E poiPietro aveva sempre la risposta pronta. Un giorno, Mariarosatrovo' due bombole di gas in cantina e dei vestiti ammucchiatinel camino. Mandare a fuoco la villetta, facendo esplodere lebombole. Questo era il piano. Pietro candidamente disse cheservivano per alimentare delle stufe in vista di una festa. Ilcolpo ando' a vuoto perche' le manopole delle bombole eranorimaste chiuse. Altri due tentativi, nei quali GiorgioCarbognin avrebbe dovuto colpire a morte i genitori di Maso,andarono a vuoto, solo perche' il ragazzo all'ultimo momentonon ebbe il coraggio. Lo ha avuto, infine, Pietro. (AGI).