(AGI) - Roma, 23 nov. - Ricercatori dell'Universita'Cattolicadi Roma hanno ritrovato i "geni della celiachia" nelle ossa diuna nostra antenata, lo scheletro di una ragazza risalente al Isecolo A.C., rinvenuto negli scavi di Cosa ad Ansedonia. Lascoperta, grazie all'estrazione e all'esame del Dna del repertoa opera dei genetisti del Centro di Antropologia Molecolare pergli studi sul Dna antico dell'Universita' di Tor Vergata,suggerisce che questa malattia abbia un'origine lontana e cheabbia fatto parte della storia dell'uomo fin dall'introduzionedel grano nella nostra alimentazione. Condotta dal team diAntonio Gasbarrini, direttore della UOC di Medicina Interna eGastroenterologia del Policlinico A. Gemelli di Roma, laricerca e' stata pubblicata sulla rivista The World Journal ofGastroenterology. La celiachia, che colpisce circa un italianosu cento, e' una malattia autoimmune caratterizzatadall'intolleranza al glutine, la proteina comunemente presentein molti cereali, tra cui il grano. In pratica il sistemaimmunitario dei pazienti reagisce impropriamente alla presenzadi questa proteina. Negli ultimi anni sono state raccoltenumerose prove che dimostrano l'esistenza di unapredisposizione genetica alla malattia legata in gran partealla presenza di tre varianti del gene HLA (gene degli antigenileucocitari umani) di classe II. Cio' significa che chi e'portatore di una o piu' di queste varianti nel proprio Dna haun rischio maggiore di ammalarsi di celiachia. Nel 2008 ilgruppo del professor Gasbarrini ha descritto "il caso" della"ragazza di Cosa", lo scheletro di una ragazza risalente al Isecolo A.C., ritrovato nel sito archeologico di Cosa, neipressi di Ansedonia in Toscana. La giovane e' certamente mortain condizioni di deperimento fisico, come testimoniato dallabassa statura, dall'osteoporosi, dall'ipoplasia (sviluppoincompleto) dello smalto dentale e da una caratteristicaporosita' dell'osso, segno di anemia. "Poiche' la ragazza diCosa apparteneva di certo a una famiglia agiata (come si desumedai gioielli che la ragazza indossava al momento delritrovamento e dalle caratteristiche della sua tomba) -aggiunge Gasbarrini - non e' pensabile che tutti questi segnidi malnutrizione che il reperto presentava siano dovuti acondizioni di scarsa disponibilita' di cibo". Questi elementihanno fatto supporre che la "ragazza di Cosa" potesse essereaffetta da celiachia. Di qui e' partita l'idea di isolarne eanalizzarne il Dna per vedere se la giovane avesse i genipredisponenti alla malattia. (AGI) - Roma, 23 nov. - "Graziealla collaborazione con il Centro di Antropologia Molecolareper gli studi sul Dna antico dell'Universita' di Tor Vergata -spiega il professor Giovanni Gasbarrini, presidente dellaFondazione Ricerca in Medicina-Onlus, che ha collaborato allostudio - abbiamo potuto ricercare nel suo Dna la presenza dellevarianti del gene HLA che predispongono alla celiachia. Abbiamoestratto il Dna da un frammento di osso e da un molare e dopoun'adeguata preparazione dei campioni, abbiamo ricercato lapresenza delle varianti DQ8, DQ2.2 e DQ2.5". L'intuizione deiricercatori dell'Universita' Cattolica di Roma si e' rivelatacorretta: infatti nel Dna della "ragazza di Cosa" e' risultatopresente il gene DQ2.5. La prova genetica offerta da questostudio, insieme a tutti gli altri segni fisici riscontrati sulreperto, avvalorano l'ipotesi che la "ragazza di Cosa" sia laprima celiaca della storia. "La scoperta - conclude ilprofessor Antonio Gasbarrini - ci dice che l'origine dellamalattia e' antica e che quindi la celiachia era gia' presentemolti secoli fa anche in un ambiente molto diverso da quello incui viviamo attualmente; questo rafforza l'idea di un ruolofondamentale della genetica nella genesi di questa malattia esuggerisce che le molecole oggi contenute nel grano scatenantila malattia si trovavano gia' in varieta' di grano moltoantiche, come quelle consumate all'epoca della ragazza di Cosa.Questo - conclude il professore - sembra indicare che le causedella malattia non sono legate al variare delle abitudinialimentari degli ultimi anni". (AGI).