(AGI) - Roma, 1 ott. - Va condannato per violenza sessuale chiimpone pratiche sessuali estreme a un partner, il quale,mostrandosi consenziente all'inizio del rapporto, manifesta aun certo punto, di non voler andare oltre. Lo si evince da unasentenza con cui la Cassazione ha confermato la condanna a 3anni e mezzo di reclusione inflitta a un 35enne dalla Corted'Appello di Ancona: l'uomo era finito sotto processo perviolenza sessuale continuata commessa con violenze fisiche eminacce nei confronti di una ragazza, con la quale aveva unarelazione "erotico-sentimentale". - L'imputato si era difesosottolineando che, a suo parere, il racconto della ragazza nonera pienamente attendibile: ella, infatti, era riuscita adescrivere puntualmente soltanto due episodi a caricodell'uomo, rimanendo molto vaga nella descrizione di altrifatti. L'imputato, poi, aveva rilevato che la donna si erasottoposta "volontariamente" a "pratiche erotiche particolari"e cio' era provato anche dai filmati - che l'imputato avevaminacciato di divulgare - che la ritraevano in atteggiamentisessuali". I giudici del merito, pero', avevano condannatol'uomo sottolineando che "le violenze sessuali furono alternatea rapporti volontari durante lo svolgimento della relazione traimputato e persona offesa e questa "alternanza" ha reso "piu'difficile alla vittima la rievocazione dei singoli e specificiepisodi". - La Suprema Corte (terza sezione penale, sentenzanumero 37916, depositata oggi) ha condiviso tale motivazionetenuto conto della "dimensione relazionale tra la personaoffesa e l'imputato, i quali furono inizialmente legati da unrapporto erotico-sentimentale caratterizzato dalla relazioneincube-succube, poi diventata relazione vittima-carnefice":purtroppo, aggiungono i giudici di Piazza Cavour, "e' benpossibile che nello svolgimento della patologia delle relazionisentimentali tra uomo e donna, si verifichi la sussistenza dirapporti sessuali consensuali alternati a rapporti sessualiimposti". In relazione "a certe pratiche estreme - conclude laCassazione - per escludere l'antigiuridicita' della condottalesiva, non basta il consenso del partner espresso nel momentoiniziale della condotta, per cui la scriminante non puo' essereinvocata se l'avente diritto manifesta, esplicitamente omediante comportamenti univoci, di non essere piu' consenzienteal protrarsi dell'azione alla quale aveva inizialmente aderito,per un ripensamento o una non condivisione sulle modalita' diconsumazione dell'amplesso". (AGI)