AGI - È appena arrivato nelle librerie un romanzo dedicato all’esplorazione di un fenomeno che da anni non smette di guadagnare gli onori delle cronache: quello delle connessioni criminali tra gruppi ultras del tifo calcistico e organizzazioni malavitose. In ’Diablo’ (Paesi Edizioni) elementi di fiction si fondono a vicende reali legate allo storico gruppo laziale degli Irriducibili della Curva Nord, guidato fino al suo omicidio da Fabrizio ‘Diablo’ Piscitelli. Di come sia nato ed abbia preso forma questo progetto che ibrida narrativa e inchiesta ha parlato all’AGI il suo autore, lo scrittore e giornalista Vito Bruschini.
Come nasce l’idea di ‘Diablo’?
Da un incontro con Lucio Tirinnanzi di Paesi Edizioni, che mi ha chiesto di approfondire tematiche e possibili retroscena legati alla storia di Fabrizio Piscitelli, detto ‘Diabolik’ o ‘Diablo’, il capo degli Irriducibili assassinato nel 2019 suscitando notevole clamore mediatico. Ho scritto 15 romanzi partendo sempre da un fatto reale,
per cercare di spiegare la realtà italiana utilizzando generi come il noir e il thriller. Ho trattato del caso Orlandi, di Piazza Fontana, del Club Bilderberg, della grande finanza, sempre con l’occhio rivolto ai giovani, il pubblico che più mi interessa.
Quanta verità contiene il suo libro?
Se fossi un ragioniere direi il 70%. Racconta di eventi realmente accaduti tra la fine degli anni ‘90 e quella degli anni ‘10, un periodo in cui la Capitale era sotterraneamente dominata dalle bande e non è stato facile decriptare a posteriori. La ricostruzione storica segue però un fil rouge di fantasia. In parallelo alle vicende di Piscitelli, scorre la storia inventata di un adolescente albanese che fugge dal proprio paese in seguito alla gravissima crisi economica del 1997 nata dai fondi di investimenti speculativi. Diventerà amico di Diablo e verrà inserito negli Irriducibili, a propria volta cooptati dalla malavita in quanto formidabili picchiatori. Narrando la sua ascesa, racconto dei rapporti con le famiglie malavitose che si spartivano la città, delle ingerenze che il gruppo dominante della Curva Nord provò in ogni modo - anche con violenza, intimidazione e frode - a imporre al Presidente Lotito ricevendo sempre decisi rifiuti, e di come veniva organizzato lo spaccio sulle piazze di Roma.
Come si è documentato?
Innanzitutto, ho incontrato alcuni ex Irriducibili, che pur ritrosi a mostrarsi mi hanno parlato di un capitolo chiuso che tuttavia non rinnegano. A loro dire, allo stadio hanno
conosciuto cameratismo, amicizia e unione. Si tratta, ideologicamente, di estremisti di destra, esaltati in gioventù dalla possibilità di partecipare a scontri fisici. Persone
attratte dalla possibilità di praticare violenza contro due avversari: i tifosi di altre squadre e la polizia. Il resto delle informazioni raccolte deriva da un lungo lavoro di
documentazione, realizzato attraverso la lettura di moltissimi atti giudiziari e saggi di vario genere.
Roma è coprotagonista del romanzo, quale volto ne ha voluto descrivere?
Quello del mondo di sotto, abitato da gruppi malavitosi decisi a tutto pur di conquistare almeno una piazza. Perché il motore della vicenda criminale capitolina si muove da sempre con la droga. Gli Irriducibili lavoravano nel campo delle estorsioni, ma conobbero la ricchezza grazie al traffico di stupefacenti. Ho inserito un coprotagonista
fuggito dall’Albania perché da quel paese arrivavano in Italia hashish ed eroina, via Trieste. La Roma che descrivo è quella delle periferie, come San Basilio,
dell’Ardeatina più ‘esterna’, toccando poi anche Ostia, Pomezia e Ardea.
Dal punto di vista sociologico, perché lo stadio è diventato luogo privilegiato per far entrare in cortocircuito tifo, estremismo politico e malavita?
Grazie al dominio della Curva Nord, gli Irriducibili, ad esempio, assunsero il controllo del merchandising della Lazio, conquistando con la violenza anche i punti vendita
ambulanti sulle strade adiacenti all’Olimpico. Ma al di là dei guadagni, lo stadio unifica qualsiasi tifoseria. Inoltre gli ultras non si incontrano solo in occasione delle partite, ma ogni giorno, per preparare scenografie che spesso costano tanti soldi. Forse può essere questa, una spiegazione del possibile nascere di connessioni con la criminalità.
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