AGI - Quando il 27 gennaio di ottanta anni fa i soldati dell’Armata Rossa spalancavano i cancelli di Auschwitz-Birkenau, non rivelavano affatto l’esistenza di un sistema finalizzato all’annientamento dell’essere umano, ma ne mostravano pubblicamente il volto attraverso quello dei deportati che i nazisti non erano riusciti a sopprimere né col lavoro schiavistico né uccidendoli con lo Zyklon B nelle camere a gas. Le SS, con l’approssimarsi dell’esercito sovietico, già il 17 gennaio 1945 avevano evacuato in tutta fretta il lager dopo aver cercato di distruggere le prove dei loro crimini, a partire dai forni crematori, e costringendo 60.000 prigionieri a una delle famigerate marce della morte verso un altro campo di sterminio. Il mondo libero già sapeva, anche se aveva stentato a credere che il repertorio dell’orrore descritto dai testimoni oculari a prezzo della loro vita potesse davvero esistere.
Il tenente Pilecki e il primo rapporto inoltrato a Londra giudicato "esagerato"
Il tenente di cavalleria Witold Pilecki (1901-1948), tra i fondatori della resistenza polacca e dell’esercito clandestino, a settembre 1940 si era fatto arrestare dai tedeschi durante una retata a Varsavia, eseguendo un suo segretissimo piano che doveva aprire una luce di verità su Auschwitz. Quello che aveva visto e vissuto l’aveva consegnato a un dettagliato rapporto in codice fatto uscire dal lager attraverso un ufficiale polacco liberato per intercessione del console di Svezia, in quanto marito di una cittadina svedese.
Jan Karski e lo scetticismo di Churchill e Roosevelt
Anche Jan Karski (alias di Jan Kozielewski, 1914-2000) era un ufficiale di cavalleria dell’esercito polacco, proclamato Giusto tra le nazioni dal 2011. Già prigioniero dei sovietici nel 1939 e scampato alla fucilazione e alla deportazione, era entrato nel movimento di resistenza diventando presto l’elemento di collegamento con gli Alleati. Catturato dalla Gestapo tentò il suicidio e riuscì a evadere dall’ospedale. Accettò quindi la missione segreta di entrare nel Ghetto di Varsavia, nell’estate del 1942, travestito da ebreo, e assisterà all’inimmaginabile. Travestito da miliziano ucraino vedrà con i suoi occhi tutte le fasi preliminari alla Soluzione finale decisa nella Conferenza di Wannsee il 20 gennaio sotto la guida di Reinhard Heydrich.
Il rapporto Vrba-Wetzler scritto da due evasi nel 1944 e i Tre protocolli
Due giovani ebrei slovacchi, Rudolf Vrba (nato Walter Rosenberg, 1924-2006) e Alfréd Wetzler (1918-1988) erano riusciti a evadere da Auschwitz il 7 aprile 1944, dove erano stati imprigionati nel 1942. Vrba, assegnato all’ufficio matricola dei prigionieri, da lì aveva segretamente iniziato a raccogliere dati che poi confluiranno in un rapporto di 33 pagine corredato di numeri, statistiche, disegni e mappe del lager, assieme a quanto separatamente faceva pure Wetzler. Quel rapporto venne immediatamente diffuso, nella neutrale Svizzera ci furono proteste, manifestazioni e pubbliche prese di posizione contro la Shoah, ma questa mobilitazione non servì a impedire lo sterminio degli ebrei ungheresi, gli ultimi a essere avviati alle camere a gas.