AGI - Non sempre la guerra si combatte solo sul campo. A volte, il fronte corre lungo i binari invisibili dei flussi bancari e delle triangolazioni finanziarie. Lo dimostra l'operazione congiunta di Digos e Guardia di Finanza di Genova, che ha portato all’arresto di nove persone e al sequestro di beni per un valore di 8 milioni di euro. L'accusa è pesante: far parte e aver finanziato Hamas, il movimento della resistenza islamica che punta al terrorismo, in particolare contro lo Stato di Israele.
Tutto ha inizio nel periodo più buio: dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, che ha sconvolto il territorio israeliano. Sotto l’impulso della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, gli inquirenti hanno iniziato a scavare tra le operazioni finanziarie sospette. Grazie a una fitta rete di scambi informativi con i Paesi Bassi e altri uffici dell’Unione Europea, è emerso un sistema capillare di raccolta fondi che gravitava attorno al capoluogo ligure.
Il labirinto delle associazioni
Secondo gli inquirenti, il denaro veniva raccolto e schermato dietro la facciata di attività benefiche. Al centro del mirino ci sono tre sigle principali: A.B.S.P.P. (Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese), fondata a Genova nel 1994. A.B.S.P.P. O.D.V., nata nel 2003 sempre sotto la Lanterna. La Cupola d'oro, costituita a Milano solo nel dicembre 2023. A tirare le fila di questo sistema sarebbe stato Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun, figura di vertice della cellula italiana e membro del comparto estero di Hamas. Hannoun, insieme ad altri complici come Khalil Abu Deiah, avrebbe gestito queste realtà — incluse l'Associazione "La Palma" — nate proprio per aggirare i blocchi finanziari imposti dalle autorità e continuare a pompare risorse verso Gaza.
Sette milioni verso il fronte
Le cifre accertate sono imponenti: circa 7 milioni di euro sarebbero stati inviati all'organizzazione terroristica. Il metodo era quello della triangolazione: i bonifici partivano dall'Italia, transitavano per associazioni estere e arrivavano infine a destinazione a Gaza, nei territori palestinesi o in Israele, finendo nelle mani di gruppi dichiarati illegali perché controllati da Hamas. Ma non si trattava solo di flussi istituzionali. Gli inquirenti hanno documentato versamenti diretti a esponenti di spicco, come Osama Alisawi, ex ministro del governo di Hamas, che sollecitava periodicamente ossigeno finanziario. Una parte di questi aiuti economici, inoltre, era destinata a sostenere le famiglie di persone coinvolte in attentati terroristici contro civili o parenti di detenuti per reati di terrorismo. L'indagine mette ora un punto fermo su una rete che, partendo da Genova e Milano, riusciva a nutrire le attività delittuose dell'organizzazione ben oltre i confini nazionali.