AGI - Le recenti indagini archeologiche nella lussuosa villa di Civita Giuliana, a breve distanza dagli scavi di Pompei, stanno riscrivendo una parte della storia sulla vita degli schiavi nell'età imperiale romana. I Romani li definivano “strumenti parlanti” (instrumentum vocale), ma i reperti suggeriscono un quadro inatteso, che sembra dare credito alle antiche fonti scritte: in alcuni casi, gli schiavi potevano godere di una nutrizione persino superiore a quella dei loro vicini "liberi".
Le risultanze di una campagna di scavo, finanziata anche con un contributo del Ministero della Cultura tramite la Legge di Bilancio 2024, sono state pubblicate sull'E-Journal degli Scavi di Pompei. All'interno di un ambiente al primo piano del quartiere servile della grande villa, sono emersi ritrovamenti eccezionali: anfore contenenti fave (una parzialmente vuota) e un grande cesto colmo di frutta come pere, mele o sorbe. Questi alimenti erano destinati agli uomini, alle donne e ai bambini ridotti in schiavitù, i quali vivevano in anguste celle di 16 mq che ospitavano fino a tre letti.
La dieta degli schiavi e il valore economico
Il padrone, in considerazione dell'elevato valore economico dei suoi lavoratori agricoli (che poteva raggiungere diverse migliaia di sesterzi per schiavo), aveva previsto un'integrazione alla loro dieta base di grano. L'aggiunta di alimenti ricchi di vitamine (come pere e mele) e proteine (come le fave) era essenziale per evitare il diffondersi di malattie legate alla malnutrizione.
Logica della conservazione dei viveri
La scelta di conservare i viveri al primo piano, in una zona dove le indagini stratigrafiche proseguiranno, aveva verosimilmente una doppia finalità strategica: in primo luogo, gli alimenti erano più al sicuro dai roditori. Resti di topi e ratti erano stati infatti rinvenuti negli alloggi al pianterreno, che non possedevano un pavimento vero e proprio ma solo un battuto di terra. In secondo luogo, la conservazione al piano superiore facilitava il controllo e il razionamento quotidiano dei viveri. Si ipotizza che in quest'area potessero alloggiare i servi più fidati del padrone, i quali avevano il compito di sovrintendere agli altri schiavi, secondo un complesso sistema ricostruito precedentemente.
L'investimento nella dieta e l'efficienza agricola
Si stima che per i cinquanta lavoratori che costituivano la capienza del quartiere servile di Civita Giuliana — uno dei più grandi noti dell'area di Pompei — fossero necessari circa 18.500 chilogrammi di grano all'anno, la cui produzione richiedeva una superficie di circa 25 ettari. L'integrazione dietetica era dunque un investimento cruciale per mantenere l'efficienza della "macchina agricola".
Strutture e reperti archeologici
Gli scavi si sono concentrati nel settore nord del quartiere servile, in particolare sotto l'attuale Via Giuliana, rivelando strutture murarie riferibili ai piani superiori e quattro ambienti delimitati da tramezzi in opus craticium.
Tra i ritrovamenti al piano terra spiccano diversi calchi: il calco dell'anta di una porta a doppio battente, probabilmente quella che dal portico conduceva al corridoio terminante all'ingresso del sacrario, completa delle borchie in ferro. Un secondo calco riferibile agli attrezzi agricoli, forse un aratro a spalla o una stegola, l'elemento usato per guidare l'aratro trainato da animali. Infine, un calco di notevoli dimensioni, interpretabile come l'anta di un portone a doppio battente. La sua posizione inclinata vicino a quella che è stata definita la "stanza del carpentiere" suggerisce che potesse trovarsi in attesa o in fase di riparazione.
Lotta al saccheggio e prospettive future
La villa di Civita Giuliana è stata oggetto di una campagna di scavo iniziata nel 2017, in stretta collaborazione con la Procura di Torre Annunziata. Questa sinergia, formalizzata da un Protocollo d'intesa rinnovato nel tempo, è stata cruciale per fermare il saccheggio sistematico che per anni aveva colpito il sito.
Le indagini più recenti (2023-24) hanno esplorato l'area urbana interposta tra il già noto settore residenziale a nord e quello servile a sud. È in corso il progetto "Demolizione, scavo e valorizzazione in località Civita Giuliana", finanziato con fondi del Parco, che prevede la demolizione di due costruzioni sovrastanti il quartiere servile. L'ampliamento degli scavi consentirà di ottenere un quadro più completo dell'organizzazione planimetrica della villa, elemento fondamentale per mettere a punto nuove strategie di conservazione e valorizzazione dell'intera area.