AGI - Dopo 31 anni è stato sgomberato il centro sociale Leoncavallo di Milano, occupato dal 1994 in via Watteau. La struttura era già stata liberata in passato, ma l’ultimo provvedimento arriva dopo 130 rinvii dello sfratto.
Il Leoncavallo nasce il 18 ottobre 1975, quando un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare occupa un’area dismessa di 3.600 metri quadri in via Leoncavallo 22, di proprietà della società immobiliare del gruppo Scotti. All’occupazione parteciparono collettivi antifascisti, Lotta Continua e Avanguardia Operaia, in un quartiere della periferia nord-est di Milano, caratterizzato dalla presenza di grandi fabbriche.
Nel primo volantino, pubblicato sul sito del centro, la “popolazione democratica e antifascista” veniva invitata a visitare lo spazio, dove si annunciavano iniziative come un asilo nido, una palestra popolare e dibattiti culturali e sociali. Nei primi anni nacquero Radio Specchio Rosso, la Casa delle Donne, la Scuola Popolare e un capannone per attività teatrali.
Il 18 marzo 1978 vennero uccisi Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, un omicidio ancora oggetto d’indagine della Procura di Milano. I due giovani divennero simbolo del Leoncavallo grazie all’impegno delle madri, che fondarono il gruppo delle Mamme Antifasciste del centro sociale.
Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta alcuni frequentatori simpatizzarono o aderirono alla lotta armata e alle Brigate Rosse, generando divisioni interne. In seguito, con il declino della classe operaia, furono i movimenti giovanili e studenteschi a diventare protagonisti dell’occupazione.
Negli anni successivi il Leoncavallo si trasformò in un punto di riferimento nazionale per altri centri sociali e per la musica indipendente, contribuendo a lanciare gruppi come i 99 Posse e gli Almamegretta.
Nel 1989 l’area venne ceduta dal gruppo Scotti alla famiglia Cabassi. Il sindaco socialista Paolo Pillitteri ordinò lo sgombero il 16 agosto, che portò a violenti scontri con le forze dell’ordine, arresti e una cinquantina di denunce. In sede processuale il Tribunale riconobbe ad alcuni imputati l’attenuante di aver agito “per motivi di particolare valore morale e sociale”.
L’area fu presto rioccupata, fino al trasferimento del centro in via Watteau nel 1994. Cinque anni dopo la famiglia Cabassi tornò a chiedere lo sgombero: una vicenda che si è chiusa oggi, dopo oltre tre decenni di occupazione e 130 rinvii dello sfratto.