AGI - "Desidero chiedere perdono ai genitori di Sofia e a tutte le persone che le volevano bene". Parole che Giampiero Gualandi, ex comandante della Polizia Locale di Anzola dell'Emilia, pronuncia mentre testimonia davanti alla Corte d'Assise di Bologna. È lui l'unico imputato per l'omicidio volontario della collega 33enne Sofia Stefani, uccisa da un colpo partito dalla sua pistola d'ordinanza il 16 maggio 2024. Un'udienza ad altissima tensione, che ha visto contrapporsi la richiesta di perdono dell'uomo e il dolore sferzante della famiglia della vittima, convinta della sua colpevolezza.
"Non l'ho fatto finora perché speravo venisse fuori la natura non intenzionale. Non volevo che le mie parole fossero ritenute vuote", ha proseguito Gualandi, imputato per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo, data la relazione extraconiugale che lo legava alla vittima. "Purtroppo così non è stato, perciò chiedo perdono ora, anche se non so immaginare il dolore che ho provocato".
La ricostruzione dell'imputato: "Una colluttazione, poi lo scoppio"
Incalzato dalle domande della procuratrice aggiunta Lucia Russo, Gualandi ha ricostruito la sua versione della tragedia. Sofia, ha raccontato, sarebbe arrivata al comando "molto arrabbiata", colpendolo con un ombrello e con dei calci. Da lì sarebbe nata una colluttazione per la pistola d'ordinanza. "Era con entrambe le mani sulla pistola, io continuavo a tenerla a distanza. C'è stato un tira e molla. Io guardavo lei, tiravo indietro, e ho sentito lo scoppio". Ha poi descritto i momenti concitati successivi, la chiamata al 118, i tentativi disperati di soccorrerla mentre il sangue le usciva da naso e bocca.
L'ex comandante ha anche parlato del suo rapporto con la vittima, descrivendola come una persona con "un up and down di stati d'animo", che assumeva psicofarmaci e che lui era "l'unico a sostenere sul lavoro". "Tra noi c'è stato sentimento, le volevo bene", ha ammesso.
La replica della madre: "Non è sincero"
Immediata e tagliente la reazione della madre di Sofia, Angela Querzè, presente in aula. "Io mi sposterei dalla questione del perdono a quella della responsabilità", ha dichiarato a margine dell'udienza. "Questa è una persona che ha una responsabilità enorme. L'ho sentito deporre in un modo sconvolgente, ripetendo ancora una volta le sue bugie, le sue menzogne".
Per la madre della vittima, la richiesta di perdono è strumentale e non sincera. "Non l'ho trovato sincero. Ha sempre trovato una strategia per eludere le domande. Mi è sembrato che ripetesse una lezione studiata, usando termini presenti nelle carte del processo". La conclusione della signora Querzè è un macigno: "Lui ha sparato con un colpo in canna a Sofia, che è morta a 33 anni. La questione del perdono, sinceramente, non la calcolo neanche". Accanto a lei, il padre Bruno Stefani ha ribadito con la voce rotta dal dolore di sentirsi "orfano della figlia".