La fuga da Gaza e la denuncia contro il marito, il riscatto di Fatima ricomincia da Milano
La fuga da Gaza e la denuncia contro il marito, il riscatto di Fatima ricomincia da Milano

La fuga da Gaza e la denuncia contro il marito, il riscatto di Fatima ricomincia da Milano

Manuela D'Alessandro
La fuga da Gaza e la denuncia contro il marito, il riscatto di Fatima parte da Milano
Jack GUEZ / AFP - Questa foto, scattata da una posizione al confine israeliano con la Striscia di Gaza, mostra il sole che tramonta dietro gli edifici distrutti nei territori palestinesi

AGI - Fuggita dalla guerra, è arrivata a Milano dove ha denunciato il marito per maltrattamenti perchè la trattava "come una serva", ha trovato un alloggio e presto avrà un lavoro. La storia di Fatima ne contiene molte altre, di dolore, di riscatto e di solidarietà anche grazie a una scuola d'italiano per stranieri. Palestinese di Gaza, 37 anni, richiedente asilo, ha spiegato in Procura, assistita dall'avvocato Glauco Gasperini, di essere stata vittima delle violenze del marito. E' stata aperta un'inchiesta sulla base del suo racconto dettagliato che si svolge tra la Striscia di Gaza, la Giordania e l'Italia dove è in fase di valutazione la sua richiesta d'asilo.

E' qui che alla fine del 2022 Fatima conosce il futuro marito a Milano dov'era arrivata su invito di alcune organizzazioni che si occupano dei diritti delle donne per un progetto a Gaza. Qualche mese dopo, va a vivere in Giordania con lui e la sua famiglia, poi però il marito si sposta in Italia.

"Mi prendevo cura di suo padre malato in Giordania, lui mi ha impedito di lasciare questo Paese portandomi via il passaporto - si legge nella ricostruzione ai pm visionata dall'AGI -. Poi quando è iniziata la guerra a Gaza, ho perso i contatti con la mia famiglia e lui ha smesso di comunicare con me, così sono rimasta senza una fonte di reddito. La mia famiglia ha chiesto la separazione, ma lui ha rifiutato. Sono tornata da lui perchè non avevo un posto dove andare, nel mio Paese le frontiere erano chiuse, la mia famiglia era sotto bombardamenti e la vita in Giordania era difficile. E' allora che ho deciso di venire in Italia su suo invito e ho chiesto l'asilo. Ero contenta perchè la Polizia mi aveva detto che avrei potuto studiare ma mio marito mi ha impedito di farlo".

Quella che emerge dalle sue parole è una vita in gabbia. "Mi insultava costantemente con parole dispregiative sul mio corpo, il mio aspetto e la mia intelligenza. Mi insultava con parolacce, mi prendeva in giro e mi diceva che ero una fallita e una pigra, anche se più di una volta al giorno pulivo casa e cucinavo per lui. Mi proibiva di vedere la mia migliore amica e mi sgridava se ne parlavo. Non voleva che conoscessi nessuno tranne I suoi amici. Mi ha colpito duramente molte volte e ha cercato più volte di strangolarmi quando litigavamo".

Fatima mette a verbale anche alcuni episodi cruenti: "Dopo aver cucinato, lui buttava nella spazzatura quello che avevo preparato, mi bagnava il letto e ci urinava sopra. Quando uscivamo, mi proibiva di tornare a casa se ero stanca e avevo freddo. In particolare ricordo un episodio in cui eravamo a Viareggio, sul mare e lui stava pescando. Non mi lasciava salire in macchina e io non potevo fare nulla se non stare in strada al freddo. Mi ha riportato a casa tardi, così sono rimasta per strada con i vestiti inzuppati dalla pioggia. Mi ha minacciato di morte e ha abusato di me".

A marzo di quest'anno lui la lascia. Nel frattempo a Gaza è guerra e Fatima va in cerca dei suoi parenti ma si ritrova "sfollata nel sud della Striscia, senza riparo, mentre nel nord la mia famiglia stava soffrendo ed era sotto le bombe".

La spinta verso la libertà la porta a "letteralmente rifugiarmi in Belgio per essere lontana dalla vita con lui che mi ha provocato tanto patimento". Poi, il rientro a Milano. L'8 maggio 2025 il lungo sfogo con gli inquirenti affiancata dall'avvocato Gasperini che incontra grazie alla rete di conoscenza della scuola d'italiano per stranieri di via Archimede, coordinata dal gruppo Quartiere Suffragio. E, sempre attraverso questi contatti, trova una casa e sta cercando un lavoro. "L'accoglienza deve passare per la conoscenza della lingua, per la casa, per il lavoro, altrimenti sono parole vuote - dice Gasperini -. La protezione dalle violenze necessariamente deve partire dal lavoro, per ridare competenza, dignità e indipendenza".

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