AGI - Il “mentalista” è diventato un killer. Detto in breve, un “bravo ragazzo” trasformato in omicida perché ha perso i suoi poteri persuasivi su di lei. Detto con le parole degli psicologi del Reparto analisi criminologiche (Rac), che hanno studiato le personalità di vittima e carnefice: “Il consolidato e sempre vincente atteggiamento strumentalizzante del prossimo che Gabriele Defilippi aveva tenuto – si spiega - sarebbe venuto meno portando la sua ‘carriera’ deviante a fare un ulteriore passo in avanti, all’atto che ha cagionato la morte di Gloria Rosboch”.
Il delitto è avvenuto il 13 gennaio 2016 in un’area isolata del comune di Rivara, nel Torinese. Stessa zona della quale sono originari i soggetti che compaiono in questa storia: la povera Gloria Rosboch, insegnante, quarantanovenne, di Castellamonte; l’omicida, Gabriele Defilippi, suo ex alunno, classe 1994, nato a Ciriè; il correo Roberto Obert, del ‘62, di Forno Canavese, “amico” del giovane.
Le indagini avviate dai militari e coordinate dalla Procura di Ivrea sono chiuse, i processi terminati e la sentenza definitiva della Cassazione emessa nel 2019: trent’anni all’autore materiale del crimine, 18 anni e nove mesi all’altro.
La vicenda giudiziaria, quindi, ha avuto inizio e fine. Alcuni aspetti, però, sono rimasti nelle pieghe delle cronache. In particolare, il motivo profondo che avrebbe scatenato la terribile violenza e che gli esperti del Rac, struttura del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis), hanno avuto l’incarico di rintracciare. Non quello evidente, come per esempio possono essere gelosia, vendetta, odio, fanatismo o interesse economico (com’è stato in questo crimine). Ma l’impulso esploso nell’inconscio del ragazzo che ha fatto scattare il clic infernale.
In questa trama omicidiaria il detonatore psicologico è stato ipotizzato. Si trova nelle note degli specialisti della sezione “Psicologia investigativa” del Rac e che l‘Agi ha potuto consultare. È qui che si prova a dare una spiegazione al fatto di sangue e a rispondere alla domanda: quel 13 gennaio 2016, che cosa ha spinto Gabriele Defilippi a stringere la corda attorno al collo di Gloria Rosboch?
La grande differenza di età tra i due - lei 49 e lui 22 anni – è lo spazio in cui si sono mossi pensieri e stati d’animo dei protagonisti della tragica storia. La donna era una professoressa di sostegno di lingua francese alla scuola media del suo paese: viveva con gli anziani genitori (ex operai alla Olivetti), non era fidanzata e non faceva grande vita sociale: “Si limitava ad andare a messa il sabato – dettagliano i carabinieri - a volte in compagnia dell'amica, senza partecipare ad altre attività parrocchiali. Amava i suoi gatti – continuano - ed era una tifosa della Juventus. Andava in banca e in farmacia anche da sola e usciva spesso con la madre per le spese”. Tirando le somme, secondo gli esperti Gloria Rosboch era “rimasta imbrigliata nel ruolo di figlia protetta”.
Gabriele Defilippi, invece, aveva conosciuto la donna negli anni in cui frequentava la scuola media di Castellamonte e andava a casa sua a ripetizione. In aula di Tribunale, la madre - Caterina Abbattista, classe 1971 - ha descritto così il ragazzo: “Gabriele ha avuto una crisi d’identità sessuale dalla terza media fino ai 16 anni. Si vestiva in modo particolare, si tingeva i capelli, frequentava ragazzi, diciamo, gay. Poi un cambio netto: era diventato un figlio difficile e violento”.
Un ragazzo, però, che è riuscito a stregare la prof: è passato per psicologo e operatore di una società finanziaria di Milano – è stato riferito in udienza –; si è fatto dare in contanti i risparmi della prof, 187 mila euro; le ha detto che li avrebbe investiti in affari immobiliari in Francia, ad Antibes, centro tra Cannes e Nizza; l’ha persuasa che avrebbero dovuto trasferirsi sulla Costa Azzurra.
Lui aveva parlato delle sue fantasie, lei ci aveva creduto: “Sei il mio psicologo”, gli aveva scritto in una mail (agli atti). E in un’altra del 2014: “I nostri sono i giusti presupposti per un rapporto solido e duraturo nel tempo. Posso trarre solo beneficio e felicità da noi, e meno male che esiste il noi”. Il quadro è chiaro: “Defilippi – ricapitolano gli specialisti - verso il quale Gloria nutriva un profondo affetto, molto probabilmente un innamoramento adolescenziale e mai provato in passato, ha fatto leva proprio su questa base di ingenuità e ricerca di affetto e di un ascolto altro rispetto a quello nutrito e ricevuto dai suoi genitori, amici e colleghi”.
Ma i castelli in aria hanno cominciato a diradarsi. L’inchiesta ha ricostruito che Gabriele Defilippi è sparito e Gloria Rosboch ha iniziato a capire che quei soldi rischiava di non rivederli più. Lei li voleva, fino a manifestare l’intenzione di denunciare Defilippi per truffa. Proposito, però, che – sempre dal fascicolo delle indagini - subito dopo la donna ha provato ad ammorbidire: “Sono disposta a vederti se vuoi, per me sei sempre il consulente amico che avevo fino a quando poi hai deciso di non vedermi e scrivermi più”. “Addirittura – sottolineano i militari – è arrivata a proporre a Gabriele una restituzione graduale dell'importo, in tre anni, ipotizzando persino di lasciare 50.000 euro al ragazzo e al suo capo”.
Tralasciando i passaggi crudi portati a termine dopo il misfatto, il 13 gennaio Gabriele Defilippi intercetta Gloria Rosboch all’uscita di scuola, le dice che vuole ridarle i soldi e fissa un appuntamento con lei per il primo pomeriggio. All’ora concordata, i due si vedono e lei sale in auto: Roberto Obert è alla guida, lei sul lato passeggero e l’ex alunno sul sedile posteriore. Giunti sul posto, quest’ultimo afferra una corda e la stringe al collo della poveretta: il suo corpo sarà ritrovato in una cisterna poco distante. “La possibile spiegazione a cui si è addivenuti – concludono i carabinieri psicologi - ipotizza che Gloria Rosboch con la sua notiziata intenzione di adire le vie legali possa aver provocato negli indagati una sensazione nuova insopportabile di impotenza”. La metamorfosi di un bravo ragazzo.