AGI - Roma è anche una sorta di indovinello. Uno di questi rompicapo si trova nella basilica di San Giovanni in Laterano. L’enigmatico quesito si potrebbe riassumere così: chi supera quelle porte è salvo. Ma dove sono? Precisamente nella navata centrale della chiesa.
Si tratta di dodici ingressi scolpiti nel marmo: non lavano i peccati (come la Porta santa), non si spalancano pronunciando formule magiche (come il sesamo di Alì Babà) e neppure si oltrepassano risolvendo il quiz della sfinge. Secondo la simbologia cristiana, varcare le “porte della felicità” è una prova di fede. Gli accessi sono alle spalle delle statue dei dodici apostoli in piedi nelle rispettive nicchie progettate da Francesco Borromini, incaricato da Innocenzo X (1644-1655) dei lavori interni alla basilica.
La rivoluzione dei segni
Le figure sono imponenti, immobili eppure in apparente movimento. Alla loro vista, però, sale una domanda: che senso ha mostrare ante chiuse? La risposta si recupera nei testi che fanno luce sulle metafore cristiane. Il pellegrino deve credere senza pretendere di spiegare ciò che non può essere spiegato. Un po’ come lasciarsi cadere nel vuoto sapendo che non c’è rete di protezione a evitare lo schianto, e con la convinzione che comunque si sarà afferrati. Ed è questa la soluzione dell’indovinello del Laterano: bisogna affidarsi, lasciarsi andare alla fede e le porte si apriranno. Cristo lo spiega meglio: “Io sono la porta da cui entrano le pecore… Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,7-9). E le porte di San Giovanni si apriranno.