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Il bello delle serate romane d’inverno è  il volteggiare degli storni in cielo

Il bello delle serate romane d’inverno è  il volteggiare degli storni in cielo

Il Washington Post dedica un servizio agli storni di Roma che "creano uno spettacolo sbalorditivo: lì tra le cupole si ammassano a centinaia e migliaia, eseguendo una danza aerea". Ma i loro escrementi, oleosi e scivolosi, possono causare gravi incidenti stradali o seppellire sotto il guano automobili, pensiline degli autobus, ombrelloni dei bar

AGI - Cosa caratterizza il cielo di Roma in questa stagione, tra gennaio e febbraio, nelle terse serate d’inverno verso l’imbrunire? Gli storni. Il volo di questi uccelli in gruppo, avanti e in dietro, che disegna l’aria di bellissimi arabeschi. Per il Washington Post, che vi dedica un servizio, “gli storni di Roma creano uno spettacolo sbalorditivo e un gran casino”.

Ma “lì, tra le cupole, si ammassano a centinaia e migliaia, eseguendo una danza aerea: si tuffano e si librano, si raggruppano e si allargano. Viste da terra, le loro effimere parabole e piroette sembrano pennellate nel cielo” è la poetica descrizione del Post, che però sottolinea: “Ma quando il sole tramonta, la magia finisce. Gli uccelli scendono ed è il caos”.

Perché? Perché questi uccelli, originari dell’Eurasia e dell’Africa del Nord,  trascorrono le notti appollaiati, a volte a migliaia, sui rami, sovraccaricandoli, “fanno la cacca in quantità industriali e i loro escrementi grazie alla loro dieta ricca di olive, sono oleosi e scivolosi” causando gravi incidenti stradali con la moto, per esempio, o ”possono seppellire intere vetture, le pensiline della fermata degli autobus, gli ombrelloni dei bar sotto una densa coltre di guano”.

Cioè, un “abbondante letame”. “Per i romani la vita sarebbe un po’ più comoda se gli uccelli andassero altrove” a fare i loro volteggi.

Tuttavia, se gli storni sono una delle specie d’uccelli più comuni al mondo, “Roma si distingue in Europa come uno dei loro principali punti di raccolta”. Come se si dessero proprio appuntamento nella Capitale d’Italia, a partire dagli anni Venti, attratti dal clima mite. E si avventurano qui “dalla Germania, dall’Ungheria e dalla Russia arrivando in ottobre e novembre e rimanendo per alcuni mesi”.

Durante il giorno volano fuori citta per rientrare la sera dopo le 16 a “incontrarsi nel cielo”.

A capo dei loro volteggi non c’è nessun capo o leader del gruppo, ma “ad orchestrarli è piuttosto una catena di reazioni fatta di microsecondi”. Tant’è che Giorgio Parisi, il fisico che l’anno scorso ha vinto il Nobel, ha scoperto che ogni uccello interagisce con altri sei o sette storni nelle sue immediate vicinanze tendendo “a muoversi a ‘frittella’”.

Il Post ha anche notato che mentre il sole tramonta su Roma nei giorni invernali, ci sono “piccole squadre di operai che indossano camici protettivi bianchi che con i loro megafoni disturbano appositamente gli storni per impedire loro di appollaiarsi nei luoghi dove danno maggior fastidio” e creano anche i maggiori problemi.

Una soluzione sarebbe quella di liberare i falchi per dar loro la caccia, ma il problema è che i falchi cacciano un solo uccello per volta.

Conclude il Post: “Riuscite a immaginare di quanti falchi ci sarebbe bisogno?