(AGI) – Milano, 10 mag. – Raccontare ai media le presunte negligenze durante la pandemia ai danni di persone fragili ospitate in una rsa “era non solo un diritto ma anche un dovere civico” per un lavoratore a contatto con queste persone. Lo scrive il Tribunale del Lavoro di Milano nelle motivazioni alla sentenza con cui ha ritenuto “ritorsivo” il licenziamento di Hamala Diop, il 25enne ex operatore sanitario della Ampast, cooperativa per cui lavorava nell'Istituto Palazzolo Don Gnocchi di Milano.
La sua denuncia poteva cambiare il corso delle cose
Le sue denunce su comportamenti non consoni e scarse precauzioni che avrebbero comportato anche dei decessi nella storica Fondazione milanese sono poi confluite in un’indagine della Procura di Milano, oltre che essere state riportate dai media. “La preminente rilevanza costituzionale del bene giuridico protetto dai reati di cui l’odierna convenuta è accusato (articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute) – si legge nelle motivazioni - fa sì che l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia sia tale da ritenere che l’attività non solo di denuncia all’autorità giudiziaria, ma anche di denuncia ai maggiori mezzi di comunicazione, possa essere considerata non solo un diritto, ma anche un dovere civico”. Il fatto che il giovane abbia diffuso alla stampa le informazioni avrebbe potuto indurre la Fondazione ad adottare delle contromisure e a “modificare con maggior tempestività la propria condotta per scongiurare l’impressionante numero di decessi che di fatto si sono verificati nell’arco di pochissimo tempo”.
Il lavoratore aveva sporto querela
La Ampast aveva contestato al lavoratore di avere dato notizia, attraverso giornali e telegiornali, della querela presentata contro la struttura per diffusione colposa di epidemia e altri reati. Per il giudice, "quanto riferito dal ricorrente nelle interviste rilasciate costituisce espressione del diritto di critica esercitato nel rispetto dei limiti sopra richiamati". Inoltre, si legge ancora, nelle interviste Diop "si limita a riportare dei fatti e ad osservare come la mancanza delle misure di protezione abbia potuto causare dei contagi e mettere in pericolo la vita dei lavoratori, dei degenti e delle famiglie di entrambi".
I legali dell'uomo, gli avvocati Romolo Reboa, Gabriele Germano, Massimo Reboa e Roberta Verginelli del team Reboa Law Firm hanno sottolineato che «la sentenza del Tribunale di Milano afferma un principio fondamentale per uno studio legale impegnato nella difesa sociale, cioè che in Italia esiste la giustizia, la tutela dei diritti civili e ci si può rivolgere ancora alla magistratura".