I bagnini di Rimini sono al lavoro negli stabilimenti balneari per i preparativi in vista della quanto mai agognata apertura della stagione turistica. A differenza dei colleghi delle altre province romagnole, qui si è partiti con ulteriore ritardo: l'istituzione della zona rossa causa coronavirus, declassata poi ad arancione, ha costretto gli operatori ad andare in spiaggia solo lo scorso lunedì.
"Quanti ombrelloni pianteremo? Ancora non sappiamo niente", dice Ezio Tarassi, titolare del bagno 57 di Rimini. "Non ci hanno dato nessuna normativa in fatto di misure, di sicurezza e di distanze", aggiunge.
Generalmente i preparativi richiedono 40-45 giorni: un anno fa di questi tempi i lavori erano già praticamente ultimati e già in questo periodo si stendevano i primi lettini. "Dobbiamo comunque vedere il bicchiere mezzo pieno, sempre. E noi non ci arrendiamo ovviamente. Questa è la nostra vita”, commenta Laura dello stabilimento 49-50. La categoria, in attesa che da Roma si prenda posizione, confida nell'apertura al primo di giugno.
"Noi chiediamo al Governo che abbia maggiore coraggio e soprattutto una maggiore programmazione. Poi ci vogliono investimenti", afferma Mauro Vanni, presidente della Cooperativa bagnini Rimini sud. Dell'ultimo DPCM "siamo rimasti delusi per diversi motivi - prosegue Vanni - prima di tutto perché non c'è un progetto di ripartenza per il turismo".
Nel frattempo gli interrogativi su come sarà la stagione sono molti. Sembra certa l'assenza degli stranieri con la preoccupazione che ci sia un afflusso limitato anche dalla Lombardia, storico bacino di riferimento per la Romagna. Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi ha intanto promesso agli operatori che saranno concessi ampi spazi di suolo pubblico per le attività di ristorazione, mentre le spiagge si attrezzano per restare aperte e fruibili fino a tarda sera. Magari per una cena a lume di candela sotto l'ombrellone.