"Diamo da mangiare ai bambini se vogliamo evitare che lascino la scuola"
"Diamo da mangiare ai bambini se vogliamo evitare che lascino la scuola"
ADV
ADV

Meno mense, più dispersione

Comune che vai, mensa che trovi

Per il terzo anno consecutivo, all’interno del Rapporto, l’Organizzazione ha analizzato la proposta di refezione scolastica per le scuole primarie di 45 comuni capoluogo di provincia con più di 100mila abitanti valutando tariffe, agevolazioni, esenzioni e trattamento delle famiglie morose.

Il servizio mensa non è presente in modo uniforme nelle scuole dei territori: solo in 17 comuni è disponibile in tutti gli istituti primari. Sono Reggio Calabria, Siracusa e Palermo le città in cui la refezione scolastica è presente in un numero di scuole inferiore al 10%. Osservando, invece, il numero di alunni che ne usufruisce, è stato rilevato che 17 comuni offrono la mensa a meno del 40% dei bambini, con cifre al di sotto del 5% nei comuni già menzionati: Reggio Calabria e Siracusa con beneficiari del servizio sotto alla soglia dell’1% e Palermo con poco più del 2%. In quattro comuni, invece, a fruirne è il 100% degli alunni (Cagliari, Forlì, Monza, Bolzano).

Scuola che vai, tariffa che trovi

Agevolazioni e tariffe applicate per il servizio di refezione scolastica sono molto variabili, con differenze che interessano in modo trasversale tutto il Paese. Un quarto dei comuni afferma di non prevedere l’esenzione totale dal pagamento della retta né per reddito, né per composizione del nucleo familiare, né per motivi di carattere sociale. Di questi, 8 ammettono tale possibilità solo in caso di disagio accertato tramite la segnalazione da parte dei servizi sociali. Tre (Bolzano, Padova e Salerno) escludono anche questo tipo di eccezione.

Per quanto riguarda le agevolazioni, sono comunque disomogenee, con l’applicazione di criteri diversi e che sommano, in taluni casi, le soglie reddituali a motivazioni di natura familiare o sociale. Nei comuni monitorati le tariffe massime variano dai 2,30 euro (Catania) ai 7,28 (Ferrara), mentre quelle minime vanno da 0,30 (Palermo) a 6 euro (Rimini). Il risultato di questa disomogeneità è che, per esempio, la tariffa minima di Rimini (6) corrisponde quasi al triplo della tariffa massima prevista a Catania (2,30).

Una famiglia con un reddito annuale medio (ISEE 20.000 euro) pagherebbe una tariffa uguale o inferiore a 3 euro in 8 comuni, mentre in 13 sarebbe applicata loro una tariffa uguale o superiore a 5 euro. Un nucleo con reddito annuale basso (ISEE 5.000 euro) sarebbe esentato dal pagamento in 9 comuni, a Rimini, Bergamo, Modena e Reggio Emilia pagherebbe una tariffa superiore a 3 euro. In ogni caso 27 comuni lo esenterebbero in caso di segnalazione dei servizi sociali..

Infine anche la compartecipazione delle famiglie ai costi è disomogenea: varia da un massimo nei comuni di Bergamo, Forlì e Parma, che riferiscono di caricare sulle famiglie il 100% circa del costo, a un minimo dichiarato da Bari (30%), Cagliari, Napoli e Perugia (35%).

ADV