E' un buco nero che ingoia i diritti dei lavoratori; è il luogo in cui una umanità ai limiti della sussistenza si contende ore di lavoro nei campi della Puglia per un pugno di euro. E' più di una baraccopoli: è il ghetto di Rignano Garganico e nella notte tra il 2 e il 3 marzo è bruciato, per l'ennesima volta. Tra le fiamme sono morti due immigrati: è la prima volta che succede. Come la Fenice, questo agglomerato di ripari di fortuna risorge sempre dalle proprie ceneri, resiste a sgomberi ed evacuazioni, si ripopola dopo ogni calamità.
Gli schiavi dei 'caporali'
Secondo la Cgil, nel ghetto di Rignano vivevano circa 500 persone, ma fino a poco tempo prima erano 2.000: irregolari, impiegati nella raccolta di pomodori, angurie, uva e poi olive in tutta Puglia. Fanno parte del totale stimato di circa 40.000 persone, a fronte dei 180mila lavoratori regolari iscritti negli elenchi anagrafici dell'Inps. Secondo Yvan Sagnet (consulente della Cgil che nel 2011 guidò la "rivolta" dei braccianti di Nardò), "sono prevalentemente immigrati di origine africana, arruolate grazie all'intermediazione dei caporali, ai quali versano una parte del guadagno giornaliero per pagare il trasporto nei campi, il cibo e persino il posto letto".
Quanti e dove sono i 'ghetti' in Puglia
Luoghi come il ghetto di Rignano sono la manifestazione del problema abitativo che è l'altra faccia dell'emergenza dei braccianti. Sempre in base alle stime della Flai Cgil, in Puglia circa 10.000 persone vivono nei ghetti, diffusi dal Gargano al Salento. Rignano Garganico è il più grande, seguito dal 'ghetto-Ghana' a Borgo Tre Titoli, vicino Cerignola, poi due campi abusivi ad Andria, uno a Spinazzola, l'ex falegnameria a Nardò, il 'ghetto' vicino Foggia. Le persone che abitano le baraccopoli sono prevalentemente di origine africana (soprattutto subsahariana), con l'unica eccezione del 'ghetto dei bulgari' a Borgo Mezzanone, dove si concentrano lavoratori provenienti dall'est europeo.
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Lo sgombero di Rignano Garganico era cominciato il 1 marzo dopo che la Direzione distrettuale antimafia di Bari aveva fatto scattare il "sequestro probatorio con facoltà d'uso" della baraccopoli per l'ipotesi di infiltrazioni criminali. La facoltà d'uso è decaduta e quindi è stato necessario provvedere allo sgombero anche per questioni di vivibilità: il 'gran ghetto' è privo di infrastrutture igienico-sanitarie e per questo, in sua sostituzione, la Regione Puglia ha indicato una masseria nelle campagne di San Severo e messo a disposizione alcuni autobus per trasferire i migranti alla loro nuova destinazione.
Un incendio dopo l'altro, il ghetto risorge sempre
Già il 7 febbraio un incendio scoppiato all'alba aveva distrutto una trentina di baracche. A causare il rogo una stufa o da un corto circuito. Il 1 dicembre 2016 un altro incendio aveva devastato una cinquantina di baracche di cartone e legno. Tutto il campo era stato ridotto in cenere il 15 febbraio 2016, ma le case di fortuna erano ricomparse dopo pochi giorni
Il primo rogo nel ghetto risale al 15 novembre 2012, quando ancora vi abitava un centinaio di persone: un corto circuito aveva innescato le fiamme che avevano distrutto una trentina di baracche.