(AGI) - Roma, 27 gen. - Definire un magistrato una "toga rossa"non e' diffamazione, ma anzi, in alcuni contesti, puo'rappresentare un elogio. Lo si evince da una sentenza con cuila terza sezione penale della Cassazione ha rigettato ilricorso di un pm, il quale aveva chiesto di essere risarcitoperche' definito "toga rossa" in un libro dedicato alla storiadella lotta armata in Italia. Il tribunale di Milano aveva accolto la sua istanza estabilito un risarcimento di 5mila euro in favore delmagistrato, ma la Corte d'appello del capoluogo lombardo, nel2010, aveva ribaltato il verdetto, sostenendo che "la censurataespressione di 'toga rossa', presa nel contesto di un'ampiatrattazione sul periodo dei cosiddetti anni di piombo, nonrisultava usata in tono denigratorio o dispregiativo, bensi'piuttosto in senso positivo, ossia per indicare l'atteggiamentodi un magistrato inquirente che non si ferma alle apparenze eche gode di una 'coscienza tranquillamente fiera'". La SupremaCorte ha ritenuto "correttamente argomentata e priva di vizilogici" la ricostruzione dei giudici d'appello: la frase inquestione, osservano i giudici di 'Palazzaccio' in una sentenzadepositata oggi, "non assumeva, in relazione al contestocomplessivo dell'opera, alcuna valenza denigratoria, quantoinvece doveva ritenersi in qualche modo elogiativa". LaCassazione ha condiviso anche l'osservazione della Corted'appello secondo cui "il fatto che il testo in oggetto siriferisse anche alla circostanza che le toghe rosse eranoparticolarmente sgradite al presidente del Consiglio(dell'epoca) ed ai suoi giornali - si legge nella sentenza -non poteva comunque integrare gli estremi della diffamazione,dato il carattere del tutto soggettivo del giudizio di'sgradevolezza'". (AGI)