L'immagine che tutti ricorderemo del funerale delle vittime di Genova
La bara del piccolo Samuele protetta dalle altre 18 è diventata l'immagine simbolo della cerimonia: la disposizione delle bare racconta il dolore di una comunità nel giorno del lutto nazionale

I bambini sempre prima, sono i più indifesi, i più deboli. E vanno protetti. Ed è sembrato così nel padiglione Blu della Fiera di Genova: Samuele nella sua bara bianca è la più piccola delle vittime del crollo del ponte Morandi. Il feretro di Samuele era davanti a tutti gli altri, che posti a semicerchio sembrava proprio che lo proteggessero.
Un semicerchio di dolore, come mostravano i volti dei congiunti delle 19 vittime di cui si sono celebrate le esequie. sembrava proprio che lo proteggessero. Quello dei bambini è un mondo fantasioso talmente vasto, ampio, che nessuno e niente potrebbe condensarlo in un simbolo, un orpello.
Forse è per questo che sulla bara di Samuele non c'era alcun segno che rimandasse al suo essere quotidiano, solo un cuscino di piccole rose gialle. Per tutti gli altri, sulla bara e ai piedi della stessa, cuscini di rose bianche, con la dedica "i genovesi".

Uguali per tutti, senza distinzione alcuna perché il destino è stato lo stesso per tutti quella mattina di martedì 14, quando le auto e i camion su cui viaggiavano sono stati inghiottiti nel vuoto che si è spalancato, come fauci ingorde, sul ponte.
Un salto durato poco attimi e finito con la morte di tutti. E stamane quella famiglia di Samuele è stata ancora assieme, unita pur se distinta in tre bare. Una in legno bianco e, quelle di mamma e papà, in color mogano.
Ancora insieme i tre amici francesi e un quarto giovane a cui avevano dato un passaggio. Ancora insieme amici italiani, o gli operai albanesi. Diciotto bare tutte dello stesso colore, e poi quella bianca, a simboleggiare quasi ancor piu che la tragedia ha colpito senza distinzioni. Perché un ponte ha ceduto.
Se sul feretro di Samuele non c'era null'altro a parte i fiori, perché il bianco è già esso un segno distintivo, diverso è per gli altri, per gli adulti. E così su alcune delle altre bare c'erano foto o simboli che tracciano, descrivono la vita che è stata di questa gente.

Come nel caso di Andrea Cerulli, lavoratore portuale a Genova, oppure le bandiere vermiglio dell'Albania, con l'aquila ad ali dispiegate, con cui orgogliosamente i congiunti di due delle vittime, Marjus e Admir, hanno quasi avvolto le bare dei loro cari.
E su una delle due, anche la maglietta della squadra di calcio in cui militava. In questi metri quadrati sono condensati tanti mondi, tanti momenti; esistenze diverse tra loro e che forse senza quel cedimento del ponte mai si sarebbero incrociate.
E invece si sono ritrovate accomunate sul fondo di un improvviso precipizio che finora solo nell'immaginazione si poteva pensare ci fosse e che invece è diventato cruda e mortale realtà. Esistenze stroncate e ora tutte insieme qui, sotto gli occhi del mondo: il crollo del ponte ha fatto notizia ovunque, a centinaia gli inviati dei media arrivati a Genova.
E i funerali hanno lo stesso clamore. Celebrati in un padiglione dove si svolge annualmente il Salone Nautico. Dire Salone Nautico equivale a dire mare, prendere il largo. Per una volta, sperando che sia l'unica e ultima in circostanze simili, a prendere il largo dai propri affetti sono state - a prescindere di quante fossero qui oggi - 38 vite umane. Navigano in un mare senza tempo e spazio. Il perché sia avvenuto in quella maniera lo stabiliranno gli uomini in terra.
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